LA VISIONE DI EZECHIELE DI RAFFAELLO

                           Maria Emilia Graziani

                                              miamagraziani@yahoo.it



                       La Visione di Ezechiele - Pitti -


La trappola era nuovamente scattata grazie ad un intraprendente ricercatore e docente universitario . Tramite di lui era spuntato dal nulla, si fa per dire, un dipinto clone della Visione di Ezechiele di Raffaello esposta a Pitti e inventariata presso la Tribuna degli Uffizi sin dal 1589. Il suo libro La -Visione di Ezechiele Un'indagine su Raffaello - suggerisce l'ipotesi che il "Quadretto della Galleria Pitti possa essere Copia....dell'originale perduto "


Mi era bastato poco per condividere con frenesia l'indagine portata avanti puntualmente e con dovizia documentale  e tentare di fare ancora più luce su qualcosa di scomodo; un invito a nozze, lo ammetto.



LA VISIONE DI EZECHIELE

Le caratteristiche del dipinto scoperto da de Feo, supporto, tecnica pittorica, pigmenti, lo  farebbero inquadrare  in epoca quasi coeva, anche se con un impianto  di gusto decisamente più tardo. Si trattava di indagare se la tavola rappresentava una copia di bottega o il lavoro di un tardo allievo di Raffaello , ma, sopratutto, di capirne di più su quella esposta a Pitti.



IN CERCA DELLE ANTICHE COPIE O PRESUNTI ORIGINALI



Per cominciare era necessario aprire a ventaglio tutte le ipotesi percorribili per arrivare, scremando, a qualcosa che potesse avvicinarsi il più possibile alla verità. Per  dare corpo alle prime impressioni, era necessario capire di più sulla committenza del piccolo dipinto ad uso devozionale attribuito ora a Raffaello, ora a Giulio Romano, rintracciare le varie copie coeve o meno e seguirne il percorso nelle varie collezioni.


Per capire come poteva essere un eventuale originale era parso utile fare riferimento alle  due rappresentazioni quasi coeve: l'arazzo commissionato da papa Leone X attorno al 1516, che fu tessuto in Fiandra attorno al 1520,  e il suo cartone che si dice fosse stato realizzato da Tommaso  Vincidor o dal Penni.


   Arazzo di Leone X  - Bottega di Pieter van Aelst (Brussels)



Questo arazzo che porta lo stemma della famiglia Medici facendo riferimento al papa  Leone X , si suppone fosse stato commissionato assieme ad altri per decorare il suo letto da paramento. In esso non figura il paesaggio, nè l'albero, nè tanto meno l'immagine piccola di Ezechiele. Il suo formato è cm 425 x 347. E' interessante quanto pubblicato in occasione dell'Exposition 2012 Raphaël Les dernières années "À une date indéterminée, mais certainement après 1516, Léon X a commandé un letto di paramento (litd’apparat) pour la Sala dei Pappagalli, aussi appelée salle des Palefreniers. […] Le lit devait être tendu d’un certain nombre de tapisseries, parmi lesquelles plusieurs pièces mineures, mais, d’après une série d’inventaires du Vatican – dont les dates s’échelonnent de 1544 à 1602 – […], il semble qu’il y avait là trois pièces majeures : un « sopracielo » (ciel de lit) avec une « Trinità », un « lato » (panneau latéral) figurant une « visitatione di san Giovanni » […] et, à la tête du lit (« capo ») une « Natività » qui, est-il précisé dans l’inventaire de 1608, incluait le pape Léon X. Il ressort de ces éléments que la Trinité faisait partie du ciel de lit et était conçue pour être vue directement d’en bas."


Le misure degli arazzi descritti sono la Trinità, o visone di Ezechiele di circa mq 14, una Visitazione di circa mq. 12 ed una Natività o Sacra Famiglia di circa 13 mq. Sarebbe utile poter rintracciare questi ultimi due arazzi  per poter ricavare maggiori elementi sull'autore.
.[…] L’on pourrait imaginer que durant la décoration de la salle des Palefreniers, ou peu après son achèvement, Léon X ait demandé à Raphaël de concevoir une tapisserie qui serve de ciel de lit pour son letto, et que ce motif, mis en contexte, ait été immédiatement reproduit par Giulio Romano sous la forme d’un petit tableau. La commande a ensuite été mise en veilleuse pour n’être reprise qu’après la mort de Raphaël, et Léon X décida alors d’ajouter d’autres tapisseries, dont il confia la conception à Vincidor sur la base de dessins de Raphaël. Cette hypothèse – ou cette suite d’hypothèses – pourrait expliquer l’existence même de la Vision d’Ézéchiel, difficile à comprendre en tant qu’invention ex novo en petites dimensions. Et elle expliquerait aussi le succès artistique de la Trinité, qui dépasse de loin celui des autres tapisseries du letto, et qui serait surprenant s’il ne s’agissait que d’une adaptation d’un motif conçu à d’autres fins."


Si può ipotizzare quindi che la tavola originale, od una di queste, non fosse stata che un bozzetto preparatorio per l'esecuzione dello stesso arazzo, del resto in quegli anni papa Leone X si era interessato agli studi ebraici della Cabala. Lo stesso studioso Egidio da Viterbo aveva dedicato al papa un suo vasto trattato cabalistico L'Historia Viginti Saeculorum che potrebbe essere stato d'ispirazione alla Visione di Ezechiele. Senza tralasciare Johannes Reuchlin (1455-1522), l’umanista di Pforzheim, che dedicò del suo libro De Arte cabbalistica al Papa Leone X.







Cartone - Tommaso Vincidor - cm 380 x 368


Le dimensioni corrispondono più o meno ad un quadrato, e non vi è totale corrispondenza con l'arazzo, in particolare nella rappresentazione dei cherubini che circondano la figura del Padreterno. C'è da chiedersi  se l'arazzo sia veramente un originale. L'arazzo della Visione di Ezechiele, nonchè il cartone del Vincidor farebbero supporre che, un eventuale originale, non riportasse tutti gli elementi presenti nel dipinto conservato a Pitti e nelle varie copie. Anche l'inquadratura della tavola lascia qualche perplessità in quanto sembra che manchi una porzione sul di un lato dove l'ala dell'angelo è in parte mancante.




        Collezione Horne disegno attribuito a Rubens - 1606-8



C'è da chiedersi a quale Visione si sia ispirato Rubens. Egli si era recato a Firenze nel 1601 e, tra il 1606-08 si trovava a Roma dove può essere entrato in contatto con una copia, con l'arazzo di Leone x o con  il cartone del Vincidor.


Se egli si fosse ispirato al dipinto, l'ipotesi che l'originale non riportasse il paesaggio  e la figurina di Ezechiele, potrebbe essere presa nuovamente in considerazione.
Le analogie con il disegno per il cartone del Vincidor sono evidenti, in particolare nell'esuberanza della muscolatura, la caviglia tozza e la bocca aperta dell'angelo, la zampa destra del leone più corposa, la posizione della zampa del bue, la forma del piede del Padreterno.


                          Disegno di anonimo andato all'asta


Interessante questo disegno che ha l'aspetto di un bozzetto in quanto si intravedono in basso l'accenno di un albero e di un paesaggio, un non finito che indica l'evoluzione di un progetto. Le mani del Padreterno sono diverse, meno truci le espressioni dei tre animali. E' di pregevole fattura, ma non si riesce a decifrare l'eventuale firma in basso a destra. Si potrebbe azzardare che sia precedente a quello del Rubens anche in base all'inquadratura sul lato dell'angelo che è più ampia.




        Antioco Mainas   - Retablo dei Consiglieri - Cagliari -




Anche questa rappresentazione della Visione che si presume risalga alla seconda metà del 1500, potrebbe essere una conferma all' ipotesi sull'aspetto originale  della tavola che non riportava nè il paesaggio nè la figurina di Ezechiele e fa riferimento alla Trinità.




TRIBUNA UFFIZI


C'è da premettere che la Visione di Ezechiele, inventariata nella Tribuna degli Uffizi sin dal 1589,  nonostante le recenti conferme sulla sua attribuzione a Raffaello, è stata oggetto di perplessità sulla sua autenticità da parte di alcuni studiosi  nell'arco dei secoli, cerchiamo di capirne di più.

La prima testimonianza della presenza del dipinto a Firenze nella collezione Medici potrebbe essere una fattura che porta la data 23 aprile 1588 prodotta da un certo M. Giovanni Seriacopi, che riceve un pagamento "...in conto e numero de quadretti portati a la galeria (Uffizi)  per per «arra di più quadretti cominciati [sc. a portare] per la galleria». Vi figura «una istoria di cristo idio padre collo | spirito santo e di sotto il sagramento e più figure con | i vangelisti"



Di questo dipinto non risulta l'attribuzione, ammesso e concesso che si tratti della Visione, in quanto la sua descrizione è difficilmente sovrapponibile con la tavola in questione. Potrebbe costituire comunque un ulteriore indizio  per avvalorare l' ipotesi dell'esistenza di un dipinto originale, con una iconografia  diversa e diverse misure, poi andato perduto.

In base all'inventario  della Tribuna degli Uffizi del 1589  risulta che:


"........alla quindicesima mensola: Un quadro lungo soldi 17 e largo soldi 16, con sua cornice di legname tinto nero tocco d’oro macinato, ritrattovi dentro Dio Padre col segno de’ 4 Vangelisti di mano di Raffaello da Urbino....."

La descrizione non fa riferimento alla presenza di Ezechiele, nè ad un paesaggio, nè tantomeno ai due angioletti, ma sicuramente si tratta della Visione e probabilmente in una versione diversa da quella conosciuta.

Ma la cosa più sorprendente sono le sue misure.
Il soldo fiorentino rinascimentale corrispondeva a cm. 2,91 che, moltiplicato per 17 e  16 , da un risultato alquanto curioso, cioè la tavola inventariata misurava cm 49,47 di altezza e cm 46,56 di larghezza, mentre quella attualmente esposta a Pitti misura cm 39,7 x 29, 5.
Queste misure non appariranno negli inventari susseguenti, nè in altre copie o presunti originali sparsi per l'Europa. Il formato risulta essere più simile ad un  quadrato e fa pensare all'arazzo di  Leone X, nonchè al cartone  del Vincidor.



Nell'inventario degli Uffizi del 1635 " un quadro con adornamento nero dipinto a foglia di marmo nero alto 7/8 di b. e largo 2/3 di b. ( cm 51,80 x 38,86 ) entrovi dipinto in tavola una figura in aria retta da due angiolini eretti e alle bande vi ha un angiolo, un lione con ali e un bove con ali e un'aquila figurata per li quattro evangelisti di mano di Raff. de Urbino."


Altro riferimento: Data: 1638-1654 : Inventario della Galleria degli Uffizi Collocazione: Tribuna Tipologia opera: Pittura Oggetto: quadro Autore: Raffaello Soggetto: Figura portata in cielo da due angeli e i quattro simboli degli Evangelisti Riferimenti inventariali: Assente Fonte: "Uno quadrettino con adornamento nero dipinto a foggia di marmo nero, alto 7/8 e largo 2/3, ( cm 51,08 x 38,86). entrovi dipinti in tavola una figura in aria retta da dua angiolini e sotto e alle bande vi è un angelo e un leone con ali e un bue e un'aquila figurato li 4 Evangelisti, di mano di Raffaello da Urbino.


La cornice descritta sembra diversa da quella inventariata nel 1589, anche le misure sono diverse, anche qui manca la descrizione del paesaggio e della figura di Ezechiele e viene confermata l'attribuzione a Raffaello.


Balthasar de Monconys nel suo giornale di viaggi, pubblicato dal figlio dopo la sua morte nel 1665, descrive la sua visita a Firenze nel 1646 dove potè vedere la Visione di Ezechiele (Journal des Voyages de Monsieur  de Monconys, 1665 : «Primier Voyage de Italie | Novembre 1646 | Denombrement des Raretés du Grand Duc. | […] Le petit tableu d’un Dieu le Père assis en l’aire sur le 4. animaux des Evagelistes, avec force petits Anges de Raphaël"


Viene confermata l'attribuzione a Raffaello senza la presenza del paesaggio, degli angeli e di Ezechiele.
 Secondo quanto riportato da Serena Padovani nel libro - I dipinti della Galleria Palatina e degli Appartamenti Reali -:  nel 1649 il dipinto allora attribuito a Giulio Romano fu  prelevato dalla Tribuna per essere consegnato temporaneamente alla bottega di Giusto Suttermans senza specificare il motivo che si può ipotizzare per restauro o più probabilmente per trarne copia. -"1649 ricordo questo di maggio - si è prestato a monsu Grangione un quadretto in tavola dipintovi un dio padre retto da quattro evangelisti fatti di mano di Giulio Romano . cavato dal trebuna e portato in bottega di monsu giusto ( Gusto Suttermans) pittore con ordine del Ill. Sig. re marchese ( Malaspina) questo di suddetto" tratto dal Giornaletto delle Gallerie 1648-1688 Francini Cianfri 1956-
Giusto Sustermans o Suttermans originario di Anversa, amico di Rubens, era in quegli anni il pittore più apprezzato alla corte medicea. Nel 1649 si hanno sue notizie a Modena presso la Corte Estense, a Genova e addirittura in Spagna.
 Il Malaspina fu guardaroba maggiore mediceo fra il 1643 e il 1649.
E' curioso il fatto che lo stesso dipinto visto tre anni prima nel 1646 da Baldassar de Moncony, attribuito a Raffaello, fosse nel 1649 attribuito a Giulio Romano. Si potrebbe  ipotizzare che i dipinti con lo stesso soggetto fossero due, uno attribuito a Raffaello ed uno a Giulio Romano e che uno di questi, in quel lasso di tempo, possa aver preso un'altra strada e sia finito in qualche collezione privata.



A questo proposito ci viene incontro quanto riferito nel -Diario di un viaggio in Italia - del Tessin. Descrizione degli Uffizi in Firenze - 1688. "La quinta stanza è la Tribuna superbissima la quale è Ottangolare, e contiene un raguaglio delle curiosità le più stupende che si possino veder in alcun luogo del mondo, vi è primo nel luogo numerato.....Oltre queste 8 bande se ne vedono ancora sotto gli palchetti varii piccoli quadri di gran prezzo, come la testa d'una fanciullina molto gratiosa del Correggio; La pesca delle perle dipinta sovra d'un pezzo di lapis lazuli lungo i br. e 3/4 alto dal Tempesta. Una piccola Madonna di Tiziano. Due teste bellissime di Leonardo da Vinci. Un quadro d'uccelli di Mosaico, il quale pare pinto. Gli innocenti di Andrea Mantegni. Il giuditio di M. A. Buonarroti. Il Dio padre con gli Evangelisti di Raffaello in piccolo. Oltra questi ci sono alcuna bellissima miniatura, molto ben imitata appresso doppo gli quadri de varii grandi Maestri."


La presenza nel 1688 nella Tribuna di un " Dio padre con gli evangelisti in piccolo" potrebbe far presupporre che fosse esistita un'altra tavola della Visione più grande, come quella inventariata nel 1589.



PITTI




Nel 1697 la tavola viene trasferita a Pitti.


Data: 1716-1723 Inventario: Inventario di Palazzo Pitti Collocazione: Piano primo, appartamento del gran principe Ferdinando de' Medici, stanza del trucco Tipologia opera: Pittura Oggetto: quadro Autore:
Raffaello Soggetto: Visione di Ezechiele -  Riferimenti inventariali: "199 Fonte: Un quadretto in tavola, dipintovi Dio Padre in gloria, e due angiolini che gli sostengono le braccia con i quattro segni degl'Evangelisti, che lo sostengono in alto con veduta di paesino sotto, chiamato la Visione di Ezechiell mano di Raffaello d'Urbino con cristallo sopra con adornamento intagliato e, tutto dorato alto il detto quadretto due terzi in circa, largo mezzo b. segnato n. 199 n.1 ( cm 38,9 x 29,15)."


Le misure sono diverse da quelle inventariate agli Uffizi, più simili a quelle attuali, la cornice è diversa e la presenza del cristallo di protezione attesta il valore attribuito all'opera. Per la prima volta viene denominato la Visione di Ezechiele e l'icongrafia descritta corrisponde.


Tre inventari, tre misure differenti, un bel rompicapo. La descrizione presente nei primi due sembra corrispondere all'arazzo ordinato da Leone X. Appare sempre più plausibile che nell'arco degli anni la tavola sia stata sostituita da copie o  da altri presunti originali, sicuramente furono due o più i dipinti della Visione usciti dalla bottega di Raffaello in tempi diversi.


Dal "Recueil d'Estampes d'apres les plus beaux tableaux et d'apres les plus beaux dessins qui sont on France dans le cabinet du roi...di Pierre Crozat -1729- nel quale viene descritta la stampa di Nicolas  Larmessin eseguita attorno al 1729 e si evidenzia la differenza tra la versione della tavola Orleans e quella posseduta dal Granduca di Toscana: ".. Le gran Duc conserve un tableau du meme sujet peint par Raphael; ma outre que celui du gran Duc est plus grand, la gloire en n'y est pas traitèe de la meme manière que dans celui de S.A.R.. La tete de l'ange qui soutient la droite de Dieu, est dans une autre attitude, et le paysage qui sert de fond est tout a fait diffèrent."


 Se il Granduca di Toscana nel 1729 era in possesso di una versione più grande di quella presente nella collezione Orleans  e quella inventariata a Pitti nel 1723 misurava 38,9 x 29,17 cm, c'è da chiedersi a quale tavola si facesse riferimento?


Il Giordani nel libro " Della venuta in Bologna  e della dimora del Sommo Pontefice Clemente VII e di Carlo V imperatore celebrato l'anno 1530" del 1842:


 "....all' epoca discorsa nella nostra Cronaca erano gli Hercolanii amantissimi delle belle arti , e possedevano tra le altre pregevoli pitture la Visione d'Ezecchiele, dipinto originale di Raffaello da Urbino Si crede che il piccolo quadro di Raffaello, coll'argomento anzi descritto, sia quello ch'oggi ò uno de' preziosi ornamenti nella I. H. Galleria al Palazzo Pitti in Firenze."
Questa descrizione attesta la presenza, nel 1530, della Visione di Ezechiele nella collezione Ercolani, come del resto afferma anche  il Vasari, ed ipotizza che tale dipinto sia finito  a Pitti, ma ,come vedremo in seguito, ciò risulta  poco plausibile.


- Choix de pièces: extraits du Musée Français By Toussaint-Bernard Éméric-David - 1812 - Descrivendo la Visione che si trovava a Pitti, portata in Francia nel 1799 da Napoleone, "Celui du Musée Napoléon fut fait vraisemblablement à la même époque, pour un seigneur de la maison de Médicis. Il était connu à Florence de temps immémorial; et il ornait le palais Pitti , lorsqu'il a été cédé à la France"


Il David  afferma che il dipinto presente a Pitti da tempo immemorabile, fosse stato commissionato da un appartenente alla famiglia Medici. Potrebbe fare riferimento a papa Leone X.


Se prendiamo in analisi le seguenti descrizioni fatte nell'arco del 1800 della tavola esposta  a Pitti, troveremo ulteriori discrepanze che fanno riflettere.


- Catalogue des estampes gravées d'après Rafael. Par Tauriscus Euboeus 1819 - "La vision d'Ezéchiel. Dieu est porté par les 4 animaux sur des nues. Le tableau qui est peint sur un fond d'or , étoit au palais Pitti à Florence."
Da notare la descrizione del fondo d'oro della tavola portata da Pitti a Parigi, un indizio non da poco che ci potrebbe aiutare a seguire meglio il suo percorso. Raffaello ha utilizzato il fondo oro in alcuni suoi dipinti e, comunque ciò attesterebbe che il manufatto era abbastanza antico. Ma anche la tavola acquistata da lord Northwick, come vedremo in seguito, presentava un fondo oro. "Originally in the Royal collection at Madrid, and presented by Charles IV to the Duke of Lucca, of whom it was purchased by Lord Northwick. It is painted on a gold ground, and very highly finished."
Il Passavant nel 1833 così  descrive la tavola a Pitti :"Dieu est assis dans une gloire, entouré des quatre signes des Évangélistes; deux petits anges soutiennent ses bras étendus. La gloire, sur laquelle la figure de Dieu se détache, est remplie d'une multitude de têtes de chérubins à peine visibles dans le rayonnement de la lumière divine. Cette gloire est elle-même entourée de nuages gris, qui semblent s'écarter pour laisser voir la vision céleste. Un paysage dans le bas, avec quelques petites figures qui sont frappées de l'apparition. Ce petit tableau n'est qu'une esquisse avec certaines négligences de dessin : comme, par exemple, l'avant-bras de Dieu, qui est hors de proportion , l'attache de la main gauche, etc."
La tavola viene descritta come un bozzetto con delle imperfezioni anatomiche ecc.
 Le misure riportate dal Passavant sono 18,70 x 13,02 pollici che corrispondono a circa 47 x 33 cm, niente a che vedere con la tavola presente a Pitti che misura 40,7 x 29,5 cm. C'è da chiedersi quale dipinto abbia descritto il Passavant.


Anche il Cavalcaselle riferendosi alla tavola esposta a Pitti riporta delle misure analoghe a quelle del Passavant :" Visione Ezechiele  n. 147, Palazzo Pitti, Firenze. Pittura su tavola ben conservata. Misura pollici 18 per 13 '2. "...Nel sottostante paese, a sinistra di chi osserva, vedesi la fìguretta del profeta Ezechiele rivolta alla miracolosa visione: presso di lui scorgonsi una fìguretta ed un cavallo."


G K Nagler nel 1836 "The original picture, which decorates the Pitti palace, at Florence, was already inscribed in the catalogue of the works of art in the Tribune, in 1589. Several ancient copies of it still exist. The Vision of Ezekiel. On wood; height 19 inches, width 14 inches (48,26 X 35,56 cm.)" . Le misure sono le più alte inventariate nel 1800.


Un altro esperto d'arte divenuto direttore della pinacoteca di Berlino, Friedrich Waagen, nel 1838 descrivendo la copia Orleans pervenuta nella collezione Baring, definisce la tavola presente a Pitti una copia: "Sir Thomas possesses the well known copy from Orleans Gallery...I confess, however, that with other friends of art, I do not hesitate to prefer the copy in the Pitti Palace to this"
Tratto dal -Il Pirata - giornale a cura di  Franceco Regli -1836: "Questa visione rappresenta Raffaello in una ristretta scena rischiarata da una luce sanguigna, che piove dall'alto con turbe di Serafini che si perdono nel più sottile vapore, nella maestà di Dio che risplende sugli animali simboleggianti i futuri Evangelisti. Nere nubi agglomerate dividono la celeste visione da un bel paese d'oriente sulle rive del fiume Cobar . Tentarono già valenti incisori di riprodurre col bulino questo sublime lavoro, ma la palma è data alla scuola milanese, primo ne fu il fondatore è duce della scuola istessa il cavaliere Giuseppe Longhi di sempre cara e dolce ricordanza‘. egli lo ritrasse alla grandezza naturale."
Da questa descrizione emergono alcune differenze  rispetto al dipinto attualmente esposto a Pitti: la luce definita sanguigna non è presente e le nubi non sono nere. Teniamo presente il fatto che il Longhi lo riprodusse con le stesse dimensioni, quando era esposto a Parigi.


Nelle - Rimembranze d'Italia del Marchese di Beauffort - del 1839:  "Nessuna galleria può tener bordone al museo Pitti dove in mezzo ad una quantità di capilavori osservai la Madonna della seggiola di Raffaello. Quale incanto, quale ineffabile espressione nella Madre e nel Figlio Nella Visione d' Ezechiele del medesimo Sanzio, quadrettino che ha meno d'un piede di lunghezza sopra sei pollici d'altezza vedi il Padre Eterno veramente Padre del genere umano, e creatore dell'universo." Le misure sono decisamente le più piccole mai menzionate.


Le misure indicate da Pietro Zani sono: inches 18,7 x 13,6 (cm 47,49 x  34,54 ). Estella Mary Hurll nel 1863 descrive la Visione a Pitti con le misure di 18 x 16 inches.
 -For travellers in northern Italy: states of Sardinia, Lombardy,and Venice -di John Murray and Son -1842 :"Pitti 174. Raphael, the Vision of Ezekiel; a line picture, but one which no human pencil ought ever to attempt, and which, therefore, cannot be looked on without repugnante. It is sketchy, and the drawing is not always correct". L'aspetto della Visione qui descritto non le fa certo onore.
Nel 1896 così viene descritta: "This is the Vision of Ezekiel now in the Pitti and measuringonly 18 by 13 inches in size (45,72 X 33,20). It is truly magnificent in spirit and in stylebut rather coarse in execution and the carrying out of the work is generally acredited  Giulio Romano."
Esther Singleton nel suo "Walks in Florence 1884" :The Vision of Ezekiel is only eighteen inches high and thirteen inches wide,( 45,72 x 33,2 cm ) yet is one of Raphael's noblest compositions, and of very delicate execution. On the left Ezekiel may be discovered in the landscape, looking up at the sublime apparition of the Eternal Father."



A quanto pare sembra che la Visione esposta a Pitti avesse la capacità di ingrandirsi o rimpicciolirsi a seconda dei punti di vista. Discordanti sono anche le impressioni riguardo al suo aspetto , stile e attribuzione.




MUSEO NAPOLEONE




La Visione di Ezechiele prese la via della Francia nel 1799 assieme ad altre opere importanti di Raffaello razziate durante l'occupazione napoleonica. In teoria ci dovrebbe essere totale corrispondenza fra quella esposta in Francia e quella restituita a Pitti nel 1815, ma non sempre è così.


- Choix de pièces: extraits du Musée français By Toussaint-Bernard Éméric-David - 1812. "La richesse du coloris répond à la nature du sujet. Le ciel resplendit d'argent et d'or. Les teintes rousses et bleuâtres des animaux , imitent , suivant l'expression d'Ezéchiel, l'éclat du saphir. Les ombres un peu violettes des chairs n'empêchent point que le ten général n'offre une grande variété , beaucoup de vigueur et de transparence. Le pinceau est fin , vif et moelleux. "
 La descrizione così particolareggiata dei colori e della tecnica pittorica non corrisponde con quella della  tavola a Pitti, tanto meno con quanto rilevato nel testo seguente che è in totale contraddizione col precedente.
C.P. Landono 1803 Galerie Napoleon "La Vision d'Ezéchiel. Tableau de la galerie du Musée, par Raphaël. L'Eternel créateur apparaît dans sa gloire et soutenu par des nuages. Deux Anges soulèvent ses bras paternels; un troisième se présente à ses regards dans une attitude respectueuse. Trois animaux, le lion, l'aigle et le bœuf, symboles des Evangélistes, forment le trône du Tout-Puissant. Ce tableau est peint sur bois, et les figures n'ont guère qu'un pied de proportion. La composition en est noble et gracieuse; mais le coloris paraît un peu dur et l'exécution sèche. Le pinceau de Raphaël est plus brillant dans les ouvrages d'une grande étendue. Celui-ci a néanmoins un caractère digne de l'artiste célèbre qui l'a tracé."
- Appendice a Quatremère de Quincy -  1852 - Boucher Desnoyers: M. Quatremère de Quincy a remarqué, avec sa sagacité habituelle , qu’à en juger par les nombreuses répétitions qu'on a faites du tableau de la Vision d'Ézéchicl , il est difficile d’admettre que ce tableau soit un original. Cela me fait croire qu’il n'a trouvé aucune de ces répétitions assez parfaite pour lui accorder l'originalité. Je crois pouvoir corroborer son opinion, sachant qu’il existe en Angleterre un carton original de Raphaël représentant cette vision, et dont les figures sont grandes comme nature. Raphaël n’a jamais répété en petit ce qu’il avait exécuté en grand, du moins je n'en connais pas d’exemple. Je me rappelle qu'à l'époque ou le tableau de la Vision d’Ézcchiel, provenant de la collection du palais Pitti, et passant pour le plus parfait, était exposé dans le musée du Louvre, j'eus le désir, vers 1810, de le graver. J'en traçai le calque; tout en admirant cette sublime composition, je n'y trouvai pas la perfection d'exécution de Raphaël, ce qui m'ôta toute idée d'en faire la gravure. J'ai revu ce tableau au musée Pitti, à Florence, dans les années 1818 et i833; il est d'une parfaite conservation et peint sur bois. Il y a beaucoup de répétitions de ce petit tableau. Il en existe une très-remarquable chez sir Thomas Baring, à Londres, provenant del'ancienne galerie d'Orléans;c'est celle dont parle M. Quatremère.



Desnoyers sembra suggerire velatamente che il dipinto esposto a Parigi non avesse le stesse caratteristiche di quello restituito a Pitti. tra l'altro sottolinea che era in condizioni perfette, cosa alquanto rara nei dipinti d'epoca, e che Raffaello difficilmente avrebbe potuto realizzare un piccolo dipinto da un'opera grande come l'arazzo.




Facendo il punto ciò che emerge è che le descrizioni nell'arco degli anni della tavola presente, prima nella Tribuna degli Uffizi, poi a Pitti, per un breve lasso di tempo a Parigi e di nuovo a Pitti, sono contrastanti e sopratutto le misure non corrispondono.




Il Duppa nell'elenco delle pitture eseguite da Raffaello, ha accennato separatamente al "piccolo quadro del Cristo cogli Evangelisti", di cui parla il Malvasia, da quello della Visione d'Ezechiello, di cui parla il Vasari. Si fa quindi riferimento già allora alla possibile esistenza di due distinti dipinti con lo stesso soggetto attribuiti a Raffaello.




Anche lo stesso  Rodolfo Lanciani così si esprime sulla tavola presente a Pitti :" La visione di Ezechiele anche se non un uscito dalla matita di Raffaello è certamente una copia contemporanea dell'originale perduto"


da Giovanni Morelli  in -Storia della pittura italiana - 1897 - : "Dopo questa digressioni di filosofia della storia, il mio compagno m'invitò a guardare il quadretto appeso al muro di fronte, rappresentante la Visione d'Ezechiello. Io conosceva naturalmente da lungo tempo quest'opera di Raffaello, immortalata dall'incisione, che mi ha sempre rapito per la composizione vaga e nello stesso tempo grandiosa. — Il Vasari - gli dissi - osserva intorno a questo quadro, se ricordo bene, che Raffaello lo dipinse pel bolognese Hercolani. — Certamente. - egli rispose. - e da ciò alcuni critici d'arte del settentrione per dir qualche cosa di peregrino, trassero la conseguenza che il quadretto, come la Donna velata, non sia l'originale, ma una copia fatta da un pittore posteriore. — Ma dove sarebbe allora il quadro originale di Raffaello? - domandai, — La risposta spetta a quei sapienti signori. Che l'esecuzione di questo quadro d'altronde eccellentemente dipinto. - continuò. - non sia propriamente dell'Urbinate ne sono convinto anch'io, poiché tanto nella l'orina della mano del Padre eterno e in quella dell'orecchio negli angeli, quanto nella scala dei colori e principalmente nel labbro superiore turgido degli angioli di riconoscere molto evidente la maniera di Giulio Romano, lo se favorito di Raffaello; ma ciò non ostante lo spirito di Raffaello spira ancora fresco e vivo da questo quadretto magnificamente concepito..........— Se il suo -indizio è giusto, - diss' io. - Giulio Romano deve aver saputo imitare la tecnica e le forme del suo maestro e tipo, sino ad illudere completamente, perchè non mi sarebbe mai venuto in mente di dubitare dell'autenticità di questo quadretto raffaellesco. — Eppure, - osservò la mia guida, - quasi tutti i quadri da cavalletto dell'Urbinate, di questa sua ultima epoca, vale a dire dal 1516 sino alla sua morte, sono stati in grandissima parte eseguiti dai suoi scolari ed aiuti, specialmente da Giulio Romano; perchè il maestro era in quegli anni preso a costriuzione come pittore, come architetto, come archeologo, tanto che s'egli avesse avuto quattro mani invece di due, e avesse potuto lavorare ventiquattro ore al giorno invece di dodici, gli sarebbe stato tuttavia impossibile di soddisfare a tutte le richieste ond' era sollecitato da ogni parte. — Poco edificato dell' opinione che questo per me delizioso quadretto non dovesse essere considerato come un' opera eseguita da Raffaello"



Il Morelli non è certo l'unico a mettere in discussione l'originalità della tavola esposta a Pitti , ma la tendenza è  quella di attribuirla a Giulio Romano piuttosto che collegarla allo stile del Penni, di Perin del Vaga, di Innocenzo da Imola, dell'Alfani, del Vincidor o ad altri più plausibili autori.


L'opzione dell'attribuzione della tavola a Giulio Romano, in alternativa a Raffaello, è una costante semplicistica.



Era opportuno a questo punto, cercare di ricostruire sommariamente la cronologia della presenza della tavola, prima agli Uffizi e in seguito a Pitti,  per tentare di capire in quale momento potesse essere stata sostituita, ponendo l'attenzione in particolare alle misure attribuitele nell'arco del tempo che non collimano quasi mai.




1574 - circa  entra collezione Medici, lo stesso anno muore il Vasari.


1589 - entra nella Tribuna degli Uffizi , attribuita a Raffaello - cm 49 x 46
1635 - viene inventariata con attribuzione a Raffaello - cm 51,80 x 38,86
1646 - viene descritta da Baldassar de Moncony ed attribuita a Raffaello
1649 - Esce temporaneamente dalla Tribuna e viene attribuita a Giulio Romano.
1665 - esce dalla Tribuna
1669 - Cosimo III de Medici  fa omaggio al conte di Pembroke di una tavola con la Visione ( forse una copia) attribuita a Giulio Romano
1688- descritta da Tessin nella Tribuna degli Uffizi
1697- entra a Pitti e la ritroviamo nella camera del Principe Ferdinando Gran Duca di Toscana.
1716 - è inventariata con attribuzione a Raffaello. cm 38,9 x 29,15
1723 - è presente nella Camera del Trucco del gran Principe
1771 - è inventariata nella sala di Saturno agli Uffizi e vi rimane sino al 1799, quando viene prelevata dai Francesi e portata a Parigi. Ritornata a Firenze nel 1815 viene posta nuovamente nella sala di Saturno.
1799 -1815 - Musée Napoleon  cm. 40,2 x 29,2
1815 -  rientra a Pitti
1822 -  Pietro Zani -  18,7 x 13,6 inches
1833 -  Passavant inch. 18,7 x 13,2 ( 45,72 x 33,02 cm)
1836 -  Nagler - 19 x 14 inches ( 48,26 x 35,56 cm)
1839 -  Luigi Bardi - 1 piede 2 pollici 11 linee x 10 pollici 10 linee
1839 -  Rimembranze del marchese di Beauffort un piede x 6 pollici
1865 -  Estella Mary Hurll  18 x 16 inches ( cm.47,72 x 40,64)
1884 - Cavalcaselle attribuita a Giulio Romano 18 x 13 inches ( cm.47,72 x 33,2)
1896 - attribuita a Giulio Romano 18 x 13 inches ( cm.47,72 x 33,20)



 Una prima sostituzione può essere avvenuta tra il 1589 e il 1635, una seconda nel 1649 .Dove sia finita la Visione tra il 1665, quando esce dalla Tribuna e il 1697 quando entra a Pitti non si sa, è ipotizzabile che sia avvenuta un' ulteriore sostituzione.Un'altra potrebbe essere avvenuta prima del 1716, e ancora nel 1815 prima del rientro dalla Francia.




Sulla base di quanto esposto appare alquanto improbabile che la tavola della Visione esposta attualmente  a Pitti sia la stessa che pervenne nella collezione medicea nel 1589.





COLLEZIONE ERCOLANI




Molti studiosi hanno affermato in passato che la tavola della Visione di Ezechiele  fu commissionata dalla famiglia Hercolani di Bologna attorno al 1510 dietro pagamento di una caparra, come riferito dal Malvasia, ma, anche se i documenti da loro citati fossero autentici, cosa non provata, non si fa nessun riferimento al soggetto del dipinto commissionato a Raffaello, quindi non vi è certezza che si trattasse della Visione.




Il Vasari che può aver visto la tavola a Bologna prima della stesura delle "Vite" nei suoi soggiorni a Bologna tra il 1529 e il 1540, così la descrive: "Fece ancora dopo questo un quadretto di figure picciole, oggi in Bologna medesimamente, in casa del Conte Vincenzo Ercolani, dentrovi un Cristo a uso di Giove in Cielo, ed attorno i quattro Evangelisti, come gli descrive Ezechiel , uno a guisa d'uomo, e l' altro di leone , e quello di aquila, e di bue , con un paesino sotto figurato per la terra, non meno raro , e bello nella sua picciolezza, che siano l'altre cose sue nelle grandezze".


Non si menzionano le nuvole, nè gli angioletti che sostengono il Padreterno ed i cherubini tanto meno la presenza di Ezechiele, se non come l'ispiratore.
ll Vasari si limita a dire che quel dipinto all'epoca si trovava in casa Ercolani, ciò non significa necessariamente che fosse stato commissionato dagli stessi. E' plausibile che sia stato acquistato a Roma da un membro della famiglia Ercolani.
Si può quindi affermare che la tavola degli Ercolani fosse cosa diversa da quella finita a Firenze nella collezione Medici.



Il Giordani nel libro già ricordato "Della venuta in Bologna  e della dimora del sommo pontefice Clemente VII e di Carlo V imperatore celebrato l'anno 1530"  attesta la presenza della Visione di Ezechiele nella collezione Ercolani già nel 1530.




 Nella Graticola del Lamo - 1560 , "...in casa del conte Agostino Ercolano sono due quadri a olio, l'un di mano di rafelo da Urbin dove j, un cristo  sedente sopra li quattro Evangelisti bellissimo. E l'altro è un Christo nell orto con la madalena a. li piedi da man de coregio bellissimo"


Resta il dubbio su chi fosse il possessore di tale dipinto, Vincenzo o Agostino Ercolani.
A questo proposito converrà affidarci più al Lamo che meglio conosceva l'ambiente bolognese dell'epoca. A meno che quello che vide il Vasari  non sia stato lo stesso che vide il Lamo, anche se entrambe ne confermano la presenza in casa Ercolani.
Pietro Lamo ne da una descrizione stringata, dove mancano molti elementi. Si può quindi presumere che anche la Visione Ercolani non avesse la stessa iconografia di quello attualmente esposto a Pitti.



Il Pungileoni annota. "Pietro Lamo nel suo manoscritio  intitolato, "Graticola di Bologna", da per certo  che la Visione d'Ezechiello  stava ai suoi tempi appresso Agostino Hercolani, ma il marchese Antaldo Antaldi di, Pesaro fece della vane ricerche in quella casa. Il ricordato manoscritto che rammenta il pagamento degli otto ducali d'oro aggiunge, che il marchese Filippo Hercolani possedette duo quadri con la Visiono d 'Ezechiello, e uno lo ha sempre. Ma sebbene porti il sigillo dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, che lo giudico originale, quel giudizio e sventuratamente smentito dal suo certificato d'origine."


Qui si menziona come possessore addirittura di due tavole della Visione, Filippo Hercolani.
Se erano due le Visioni presenti nella collezione Ercolani, una non era certo finita nella collezione Medici perchè non vi è traccia documentale del fatto che fosse stata regalata o ceduta, nè tanto meno che fosse stata venduta al collezionista Paul Freart de Chantelou, come vedremo in seguito. Ciò che è evidente è che quella a Pitti non poteva provenire dalla collezione Ercolani dato che all'epoca ancora ne possedevano due. C'è da chiedersi quindi come le due Visioni fossero pervenute nella collezione Ercolani e forse non erano soltanto due.
 Waagen - 1838 -: "Der Marchese Antaldo Antaldi in Pesaro erwarb aus dem Hause des Marchese Filippo Ercolani eine Copie, welche mit den Siegeln der Akademie in Bologna versehen ist, da diese sie für Original erklärte, was aber der Graf nicht glaubte."
Secondo il Waagen il marchese Antaldi acquisì una copia dagli Ercolani che aveva i sigilli dell'Accedemia Clementina di Bologna.
Giampietro Zanotti - 1841 - "La famosa visione d’ Ezechiele, di cui si dicono esser due originali di Rafaello, uno nella l’. B. Galleria Pitti a Firenze; l’ altro in uno de’ RB. Palazzi di Spagna. N’ abbiamo la bellissima incisione del Cav. ...... ..Nella quadreria Hercolani evvi una bella copia che dicesi del Sabbatini, altra ne vidi presso il Marchese Antaldo Antaldi a Pesaro."
Quanto sopra riferito contrasta con quanto riferito dal Gori in - Notizie istoriche degli intagliatori di Giovanni Gori Gandellini 1809 -: "Non è più il soprannominato Quadretto in casa Ercolani ; ma non si è certo che l'originale sia quello del Duca d'Orleans, che fu comprato dal Poussino, e mandato al Signore de Bhentelou. Il dubbio nasce, perché ne' ha uno bellissimo, similissimo e da più lungo tempo il Gran Duca di Toscana, intagliato da Cosimo Mogalli nella Raccolta dei Quadri del Gran-Duca fatta dal Principe Ferdinando di Toscana."
Secondo il Gori la tavola della Visione di proprietà Ercolani aveva preso altre strade prima del 1809, cosa alquanto strana perchè altri resoconti ne attesteranno ancora la presenza in seguito. In oltre il Gori riferisce che sia stato Poussin ad acquistarla.



Una delle Visioni Ercolani ( forse copia del Sabbatini)  finirà nella collezione Biela come risulta anche  "Nell’Inventario | dei Quadri nella | Galleria Hercolani redatto nel 1836 «Il Padre Eterno coi Simboli degl’Evangelisti. In tavola, copia di Raffaelle | venduto li 25 giugno» .


Nel Catalogo dei quadri del maggiore Biela a Venezia, Parrocchia di S.Trovaso, calle dell’Eremite Num. 1168 rosso, in Catalogo di una raccolta di 356 dipinti […], presentata da Carlo Du-Bois, &c., Tip. Cecchini, Venezia 1849, p. 3 è detto: «1. Raffaello, piccolo, in tavola. Cristo ad uso di Giove in Cielo,e d’attorno i quattro Evangelisti come descrive Ezecchiel. Il quadro presente faceva parte da secoli della Galleria Hercolani a Bologna, da dove fu venduto nel 1836».
Che fine abbiano fatto la Visione Ercolani finita nella collezione  della baronessa Biela  e quella finita nella collezione Antaldi, per il momento non è dato saperlo, resta il fatto che è lecito supporre che nella collezione Ercolani gravitarono diverse Visioni.



COLLEZIONE  ORLEANS




Cercando di seguire il percorso fatto da questa tavola, così chiamata perche fu acquisita nella collezione del duca d'Orleans nel 1700.


Si dice che la Visione sia stata acquistata dal collezionista Chantelou tra il 1642 e il 1643. Alla sua morte nel 1694 venne ereditata dal fratello Roland Freart de Chambray e valutata 3.000 livres, un prezzo assai cospicuo che ne attesterebbe il valore come un possibile originale. Tra il 1706 e il 1713 venne ceduta a Nicolas de Launay e, attorno al 1723, passò nella collezione di Filippo II duca d'Orleans.
1727- 28 è inventariata a Palazzo Reale : - Description des tableaux du Palais-Royal, avec la vie des peintres...By Louis-François Du Bois de Saint-Gelais -: La Vision d'Ezechiel .ch. i.Pein: fur bois, haut d'un pied trois pouces large de onze pouces." ( cm.40,58 x 29,8 )
Nel 1792 Philippe Égalité, fallita la proposta inglese, vendette impulsivamente l'intera sua collezione in blocco ad un banchiere di Bruxelles, Édouard Walkiers, che immediatamente la vendette ricavandone grande profitto a suo cugino, il conte Jean Joseph de Laborde de Mérèville. Andato  in rovina dagli eventi della rivoluzione quest'ultimo vendette a sua volta la collezione.
I dipinti francesi e italiani rimasero cinque anni a Londra con Laborde-Méréville e furono soggetti a complicate manovre finanziarie.
In un'altra cronaca  si fa riferimento al Poussin come acquirente della Visione :"Une autre copie, qui fut achetée à Bologne, par Nicolas Poussin , pour M. de Chantelou, avait autrefois, à meilleur Titre , la réputation d'être l'œuvre de Raphaël. De la collection de Launay, elle passa dans la galerie d'Orléans, et, à la vente de cette galerie, elle fut acquise par lord Berwick pour 800 livres sterl. Nous avons vu ce tableau chez Sir Thomas Baring, qui en est le possesseur actuel, dans sa précieuse galerie à Stratton."



Pare che la Visione Orleans avesse le stesse misure del dipinto del Poussin l'Estasi di san Paolo. "In order to avoid comparison and loss on his part. " The Vision of St. Paul" has the same dimensions as Raphael's " Vision of Ezekiel," that is, both pictures are eighteen inches high by thirteen inches wide."( cm. 45,72 x 33,02). Come vedremo queste misure si discostano da quelle della tavola acquistata da lord  Berwick e finita nella collezione Baring.


Riprendendo Friedrich Waagen che nel 1838  descrive il dipinto proveniente dalla collezione Orleans in possesso del Baring in questo modo: "...of Raphael's celebrated Vision of Ezekiel, Sir Thomas possesses the well known copy from Orleans Gallery...I confess, however, that with other friends of art, I do not hesitate to prefer the copy in the Pitti Palace to this. However careful the execution, however powerfull the colouring of the principal group, I still find the forms less refined and understood, especially the left foot of the large angel appears to clumsy. The could grey tono of the clouds, thi indistinctness of the small figures on the earthy and the pale green tone of the landscape are likewife unpleasent."
Questa descrizione del piede dell'angelo troppo tozzo, delle nuvole molto grigie e del paesaggio e delle figurine confuse, potrebbe fornire degli ulteriori indizi  per tentare di stabilire quale aspetto avesse la  Visione Orleans  finita nella collezione Baring. La stessa caratteristica del piede tozzo la ritroviamo nel disegno del Rubens e nell'arazzo.
James Barry Esq.  -  Dipinti esposti nel 1798 provenienti dalla collezione Orleans a Pall Mall 1809 : The Vision of Ezekiel Raffael -"The figures have all the fine qualities of proportion, character, and expression, to be expected from Raffael; the landscape below is painted at once with a flowing and pleasant manner, but the dark scattered spots occurring from the wings,  so unconnected with each other, and with the objects about them, render the effect unpleasant". James Barry , pittore e professore presso l'Accademia Reale, fu anche membro dell'Accademia Clementina di Bologna. Egli vide personalmemte il dipinto esposto a Pall Mall nel 1798 e la sua descrizione può essere significativa per l'identificazione della copia Orleans, ammesso che fosse l'originale.



Interessante questa descrizione del dipinto della collezione Orleans :"«N° 1725. Item un autre tableau quarré peint sur bois représentant la Père éternel dans sa bordure de bois doré, prisé 1600 livres».


Quello che non torna è il formato quadrato, il chè lascia sopporre che si tratti di un'ulteriore versione della Visione.
 - Un secondo inventario, compilato successivamente alla morte del figlio del Reggente nel marzo 1752, dopo altre opere di Poussin ricorda:«N° 764. Ravissement de saint Paul prisé 1200 livres»; e «N°770. Raphaël, peinture sur bois représentant le Père éterneldans sa bordure de bois doré prisé 1600 livres». Infine un terzo inventario, del 1785, posteriore alla morte di Louis Philippe I «le Gros», nipote del Reggente, segnala: «item le Ravissement de saint Paul par Nicolas Poussin prisé 2400 livres», ma non include più la corrispondente tavola di Raffaello. Ecco allora che all’interno dei tre volumi di Jacques Couché, Galerie du Palais Royal gravée d’après le tableaux des différentes écoles, qui la composent, editi nel 1786 e nel 1808, non si ha traccia della Vision d’Ézéchiel, né vi compare alcun riferimento ai disegni che servirono per le incisioni. Il dipinto che era stato di Chantelou e fu poi del Reggente, non si trovava più a Palais-Royal, nella collezione, da prima del 1785: pertanto, la tavola esposta alla Bryan Gallery e acquistata da Lord Berwich nel 1798 non poteva che essere una copia, inserita nel blocco che ne garantiva la provenienza – un vero e proprio raggiro tale da impedire agli studî successivi un oculato giudizio sull’originale. -



Fu  dato a lungo per scontato che la tavola Orleans fosse stata acquistata dalla famiglia Ercolani di Bologna la quale era in possesso di alcuni esemplari, ma, come ho già riferito, non esiste alcun documento che lo attesti. Di conseguenza poteva essere stata acquistata presso altri collezionisti oppure, era il risultato di una felice copia effettuata ad hoc, come molte altre, commissionate dallo stesso Chantelou.


La professoressa Daniela del Pesco, nel suo libro:- Paul de Chantelou e la trattatistica italiana del Cinquecento - ci fornisce un quadro significativo ed efficace dell'approccio  riservato all'epoca nei confronti dei  dipinti d'autore e loro copie.
"Le copie dei dipinti raffaelleschi della collezione Farnese eseguite nel 1643-1644 per volontà di Chantelou, sotto la vigile guida di Poussin, finiranno in parte nella collezione del committente, come risulta dal sopraluogo di Bernini del 25 luglio del 1665.
L’importanza attribuita al contenuto e alla composizione dei quadri metteva in secondo piano la necessità che essi fossero degli originali e attribuiva valore alle repliche.L’impresa promossa da Chantelou aveva inizialmente l’obiettivo di permettere ai giovani artisti francesi che egli riteneva più dotati, di perfezionare le loro capacità, poiché l’attività di riproduzione era considerata un mezzo per conoscere le caratteristiche delle più pregevoli opere d’arte, in particolare di quelle di Raffaello,ritenuto il massimo pittore."



Si può ipotizzare quindi che anche la tavola della Visione finita nella collezione Orleans rientrasse in questa tipologia di copie.




POUSSIN




Il destino della  Visione  si interseca attorno al 1642-43 con quello del famoso pittore Poussin grande estimatore di Raffaello.


Piersante Bartoli  "..e fece alcuni quadri che furono in un colle copie di certe opere che fatte aveva di Raffaello comprate da un Franzese e portate in Francia.."
Secondo questa descrizione sembrerebbe che possa essere stato lo Stesso Poussin a fare una copia della Visione su commissione del Chantelou.
Nella lettera che segue , che appare un tantino criptica, si parla di copie di Raffaello non ben precisate inviate in Francia.
Niccolò Pussino al Comm. Cassiano del Pozzo.
"Ho avuto per un largo dono la lettera di V. S. ill. del 10 agosto, avendo inteso da quella, come il quadretto del Battesimo di Cristo le sia riuscito secondo l'aspettazione ch'ella ne tenea; ma tanto più sarebbe stata maggior la sodisfazion mia, se la cassetta le fosse stata consegnata dal corriero in quella maniera che avevo ordinato a monsù Stella, il qual finalmente mi ha servito male, e dal quale non ho potuto cavare altra ragion fin adesso se non che stessi sicuro che la suddetta cassa le saria portata fedelmente, e che il corriero non aveva voluto danari per il porto, avendo egli detto di volerla portar gratis, perchè aveva obbligazion particolare a V. S. Questo è quanto n'ho potuto cavare. Intorno alle copie di Raffaello, quando le mandò monsù de Chantelou a V. S., lo pregai di far in maniera che elle fussero presentate con più grazia che non furono li ritratti. Ma finalmente vedo che in tutte queste cose è accaduto quello che meno mi pensavo; però la prego umilmente d'iscusar me il primo, e credere che s'io avessi potuto trovar migliori mezzi intorno alle cose che concernono il suo gusto, gli averei adoprati con tutto l'animo mio."



Dalla - Biografia universale antica e moderna compilato in Francia da una società di dotti - 1828 - "Era économo per essi nelle compere: né meno l'era nel prezzo de' suoi propri lavori. Prese solo la metà di cento scudi pagati per un quadro del Rapimento in estasi di san Paolo, chiesto’gli nel 1643 da de Chanteloup, perché servisse come di riscontro alla Visione, d'Ezechiele di Raffaello" Una modestia uguale‘ in lui nella‘ moderazione, gli avea fatto dire prima di cominciarlo, come temeva non forse gli tremasse la mano lavorando ad un quadro che accompagnar dovea quello di Raffaele; e’ supplicava, finito che l'ebbe, che il suo dipinto non fosse posto dallato all'altro, ma si gli servisse soltanto per coperchio."




 Vie de Nicolas Poussin, considéré comme chef de l'école française By Pierre-Marie Gault de Saint-Germain 1805 - "Ce tableau représente une vision de S. Paul, que l'apôtre des nations raconte lui-même aux Corinthiens dans une de ses épîtres : il est supporté par des anges jusqu'au troisieme ciel; les bras étendus, et dans un ravissement extatique, il regarde l'éternelle fébcité. Le Poussin fit ce tableau à Rome, en 1643, à la priere de M. de Chantelou, pour accompagner celui de la vision d'Ezéchiel, de Raphaël, de pareille grandeur, que son ami avoit acheté à Bologne. La réponse du Poussin fait autant connoître sa modestie que son respect pour le prince de la peinture. Le 2 juillet de la même année il s'exprime en ces termes: « Je crains que ma main tremblante ne me manque en un ouvrage qui doit accompagner celui de Raphaël; et j'ai de la peine à me résoudre à y travailler, si vous ne me promettez que mon tableau ne servira que de couverture à celui de Raphaël".




Seguire il destino dell'Estasi di san Paolo potrebbe essere utile perchè spesso si spostò in compagnia della Visione di Ezechiele. -The vision of St.Paul, painted for Paul Fréart de Chantelou in 1643; by 1713 in the collection of Nicolas de Launay, father in law of Robert de Cotte, in his apartment under the Long Gallery of the Louvre ; still recorded there in 1725 by the Duc d'Orleans, presumably at Launay's death in 1727 and listed by Dubois de Saint Gelais in the Orleans collection in that year, as coming from Launay. Sold with the Italian and French pictures of the Orleans collection in 1792 to Walkuers; sold by him the same year to Laborde de Méreville; bt. 1798 (No. 28); bt. by G. W. Taylor (Buchanan, I, p. 152); Taylor sale, Christie, London, 14.vi.1823, lot 53, bt. Col. Thwaites (presumably = bt. in)  misurava 1 ft 3 in x 11 inches  ( cm.38,10 x 27,94).; Taylor sale, Erlestoke Park, 25.vii.1832, N0. 159. Later belonged to Prince Woronzov; Woronzov sale, Florence, 23.iv.1900, lot 388. Probably the painting which appeared in the following sales; Dr. Adolph Hammel, Zurich, 1909, No. 108; Carl Lanz, Mannheim, 1917, No. 57. Bt. in Germany by Fredrick Mont; sold by him to Rosenberg and Stiebel, New York; Frederick Mont, New York City, NY; purchased by The John and Mable Ringling Museum of Art, 1956.


Da questo testo si ricava che le misure della 'Estasi di san Paolo nel 1823 corrispondevano a cm 38,10 x 27,94.
Ma, secondo quanto riportato nel testo che segue, sembra invece che l'Estasi di San Paolo fosse finita nella collezione Baring : "De son vivant, le duc d’Orléans lui avai acheté un Saint François d’Annibal Carrache et une Vision d’Ezéchiel de Raphaël, qui passèrent en 1792, lors de la dispersion des collections de Philippe- Égalité, dans la galerie de Bridgewater, ainsi que le Ravissement de saint Paul de Poussin, devenu la propriété de Thomas Baring"



Per capire quali fossero le reali misure dell'Estasi di San Paolo forse potremmo fare affidamento a questo testo: -  Poussin his life and his work Elisabeth Harriet Deni - Published 1899 "Poussin painted the subject of the " Vision of the Apostle Paul " three times : the first picture, executed for M. de Chantelou in 1643, is now in England (Mr. George Watson Taylor); Abbe Scarron's example hangs in the gallery of the Louvre ; the third painting is known in an unsigned engraving (National Library, Paris). The painter's letters inform us that the earliest work was designed as a pendant to a painting bought by M. de Chantelou in Bologna, namely, " The Vision of Ezekiel," by Raphael. (A replica of the picture is now in the Pitti Gallery, Florence.) .....He writes to his friend : " I fear my trembling hand will fail me in making a picture toaccompany one by Raphael. I can hardly decide to commence it, until I have your promise that my painting shall be used only as a covering for Raphael's."  After sending the work December 2, 1645, he begged M. de Chantelou to hang it at  a distance from the " Vision of Ezekiel," in order to avoid comparison and loss on his part. " The Vision of St. Paul" has the same dimensions as Raphael's " Vision of Ezekiel," that is, both pictures are eighteen inches high by thirteen inches wide" (cm 45,72 x 33,209 ) .




 Se la Visione di Ezechiele e l'Estasi di san Paolo avevano le stesse dimensioni, dovrebbe esistere una versione della Visione che misura cm 45,72 x 33,29. Queste misure, tra l'altro,  non collimano con quelle dell'Estasi di San Paolo attualmente esposta a Sarasota , cm 41,6 x 30, 2, nè con quelle descritte nella vendita del 1823, cm.38,10 x 27,94.




Ma l'aspetto più interessante che emerge è l'utilizzo da parte del Poussin della Visione di Ezechiele di Raffaello come "coperta" della sua Estasi di San Paolo. Ciò conferma indirettamente che i due dipinti combaciavano nelle misure, si tratta di stabilire quali fossero realmente.


In sostanza anche la così detta copia Orleans, da alcuni ritenuta originale, non è ben identificabile e può essere stata oggetto di sostituzione con copie.
Ma a quanto pare non finisce qui, la fantomatica copia Orleans potrebbe provenire da un'altro contesto.



GIANLORENZO BERNINI




Anche il Bernini ebbe a che fare con la tavola della Visione: tratto da - Il viaggio in Francia di Gian Lorenzo Bernini 1665 di Paul Freart de Chantelou di L. Lalanne -A Gian Lorenzo Bernini, che il 25 luglio 1665 vide il quadro estratto dalla sua custodia in casa del collezionista Paul Freart de Chantelou a Parigi, questi precisò che «c’était sur une table de bois avec des traverses», e fece notare «avec combien de force il est peint»; Bernini avrebbe allora osservato «que cela est d’autant plus extraordinaire que ce tableau est fini», dichiarando l’imbarazzo della scelta fra questo e gli altri dipinti – le tele di Poussin – che insieme gli venivano mostrati: «si j’avais à choisir un de ces tableaux je serais fort empêché»


La descrizione della tavola con la presenza di traverse può alludere a delle assi di tenuta poste in orizzontale sul retro che ne attesterebbero la vetustà e costituirebbero un prezioso  indizio per rintracciarne l'originale. Ma potrebbero anche corrispondere ad un sistema di barre di sicurezza che ne permettevano una specie di ancoraggio antifurto.



Riprendendo il testo nel paragrafo in cui si fa riferimento alla Visione di Ezechiele nel - Manuscrit Inedit publié et annotè par Ludovic Lalanne - 1885, avremo ulteriori notizie su come ne era entrato in possesso il Chantelou.: "Le Cavalier ( il Bernini) est demeuré un peu étonné. Je lui ai dit que Mignard avait tort d'avoir attendu si tard à lui envoyer cet avis. Il a répondu : No è suo diffetto, ma della nazione; non c'è qui punctualita. J'ai reparti que tous n'étaient pas de meme. Un peu avant la réception de ce billet, nous avions discouru de ces dessins, et je lui avais dit que c'étaient choses estimables, mais que moi qui aimais le dessin, je n'avais point voulu m'embarquer dans cette curiosité, à cause de la facilité qu'il y a d'être trompé. Il m'a répondu que l'on l'était aussi en peinture. J'en suis demeuré d'accord, mais j'ai dit que non l'était moins.


 II m'a allégué qu'à Urbin il y avait un tableau de Raphaël, dans un monastère, que les religieuses avaient été sollicitées diverses fois de vendre; qu'elles ne l'avaient jamais voulu; qu'enfin quelqu'un ayant fait une plus ardente sollicitation, il l'avait tiré de leurs mains ; lequel tableau étant depuis porté à Rome, il s'était trouvé qu'il était moins que médiocre, de qui peut-il être , et qu'il ne fallait pas regarder au nom, mais à l'ouvrage. Je lui ai dit, au respect ' du mien, que c'avait été un nommé du Laurier*, Français, élève du Guide, qui m'en avait donné l'avis; qu'il avait dit que le temps était favorable pour l'acheter; que le cardinal Antoine étant à Bologne, et que, comme il commandait l'armée contre le duc de Parme et autres princes ligués, l'on craignait qu'il ne voulût avoir ce tableau pour une pièce de pain; que c'était un tableau connu et que le Guide ne voyait jamais qu'à genoux. Le Cavalier a dit qu'en cela, plus qu'en toute autre chose, il s'assurerait de sa beauté, et comme il avait destiné la matinée à voir ces dessins de Jabak et que les mesures furent rompues, il a demandé à venir chez moi. Il était huit heures et demie. Son fils et Mathie étaient avec lui. "



Ma se mettiamo a confronto il testo francese con  quanto riportato nella versione tedesca del  Bernini in Paris: Das Tagebuch des Paul Freart de Chantelou über den ...edited by Pablo Schneider, Philipp Zitzlsperger - 2006 -, noteremo che vi sono delle discrepanze rispetto alla versione del Lalanne.


"Der cavalier ( il Bernini) fuhrte ein kloster in Urbin an welches einen Raffael besass. die nonnen sehr verschidentlich ersucht worden das bild zu verkaufen doch hab sie abgelehnt- man habe das bild sodarin nach rom verbracht wo man seine   des mahlers minderwertigkeit festellen habe - man durfe sich in solchen fragen nur auf das werk selbst verlassen nicht auf den namen -ich verweis auf meinen raffael und erzahlte ihm dem er mir von einen schulers guido renis epfolen wurde einem franzosen names du laurier - er habe gesacht dass di gelegenheit gustig sein um er zu kaufen - denn der kardinal antonio hatte damals gerade bologna besetzt wie er gegen del herzog von parma und die ubrige liga zu feldzog und man fuchtete allgemein er werde das bild fur ein stuck brot erwerben. - er sei ein bekanntes kunstwerk gewesen und guido reni soll es nie anders als kniend betrachten haben . der cavalier sagte ihn uberzeige in solchen fallen nur die qualitat und da seen vorhaben storniert war - den vomitt agmit der verbringer hat er in ein besuch bei mir inzwishen war es halb naeem geworden - sein son und sognor mattia fuhren mit"



Sembra che sia stato lo stesso Chantelou a convincere le suore del Convento d'Urbino a vendergli il dipinto dopo averlo fatto periziare a Roma dal de Laurier allievo di Guido Reni.


Ciò che appare curioso è il fatto che la tavola  si trovasse  in origine presso un convento di suore in Urbino e non a Bologna e che fosse nelle mire del cardinal Antonio Barberini al quale fu soffiato per un pelo. Questa presenza necessita ovviamente ulteriori approfondimenti.



COLLEZIONE BARING




Proseguendo il percorso seguito dalla Visione Orleans, più fonti affermano che la copia Orleans sia confluita nella collezione Baring dopo essere stata in possesso di Lord Berwick.


"De son vivant, le duc d’Orléans lui avai acheté un Saint François d’Annibal Carrache et une Vision d’Ezéchiel de Raphaël, qui passèrent en 1792, lors de la dispersion des collections de Philippe- Égalité, dans la galerie de Bridgewater"



-Buchanan Memoirs of painting, By William Buchanan 1824 - Vision of Ezekiel " sold to Lord Berwick for 800 guineas " now in the possession of Sir Thomas Baring, Bart. This picture is not given among the engravings of the Orleans gallery, owing, probably, to the same subject having been engraved for the Musee Francaise, after the picture still at the Louvre. Of these two pictures, that in the possession of Sir Thomas Baring appears to be the preferable. Both are mentioned in the Crozat Collection of Engravings, as also is that in the Florentine Gallery, and all the three are considered to be genuine. The present picture is delicately painted, and appears to be at his best period."






Quindi, secondo Buchanan  risultavano tre Visioni considerate autentiche o di bottega, una proveniente  dalla ex collezione Orleans, passata nella mani di sir Baring, una che si trovava al Louvre e una a Pitti. Di quella del Louvre si sa ben poco ed è curioso che il Buchanan la consideri uno degli originali, il che apre un ventaglio di nuove ipotesi.


Dal Passavant 1832 : "Hier in Stratton ist auch das vielbesprochene Bild der Vision des Ezechiel von Raphael, welches einst N. Poussin in Bologna für Hrn. von Chantelon erkaufte, das nachmals in die Gallerie Orleans und dann um 800 Pfund Sterling an Lord Berwick kam. Obgleich man früherhin dieses Exemplar dem unbezweifelten Originale im Pallaste Pitti an die Seite setzte, so wird es doch jetzt von keinem Kenner in England für Original gehalten." Secondo il Passavant l'unico originale era quello a Pitti.


 Friedrich Waagen nel 1838, come ho già più volte riportato, descrive il dipinto in possesso del Baring come proveniente dalla collezione Orleans : "...of Raphael's celebrated Vision of Ezekiel, Sir Thomas possesses the well known copy from Orleans Gallery..."



Il 24 giugno 1953 si svolgeva da Sotheby’s a Londra un’asta della collezione Ashburnham. Il lotto nr. 26 fu aggiudicato per 300 sterline e questa volta veniva attribuito a Giulio Romano: "Giulio Romano, The Vision of Ezekiel, on panel 16¼ in. by 11 in. ( cm. 41,30 x 27,94 ) . From the Orléans Collection. From the Collection of Lord Berwich. From the Collection of Sir Thomas Baring, Bt. […] sold with the Engraving."




Attribuire la copia Orleans a Giulio Romano sembra un azzardo perchè non lo era mai stato fatto prima, del resto non vi è nessuna documentazione a riguardo e le uniche copie od originali attribuite a Giulio sono: quella sua rame esposta al Louvre,  la Visione uscita dalla Tribuna nel 1649, quella della collezione Pembroke, quella del Museo Ingres .


Tant'è vero che la stessa copia Orleans fu esposta, tra il 1893 e il 1894, con attribuzione a Raffaello, alla grande Exhibition of Early Italian Art  presso la New Gallery di Londra: recava il nr. 241 e risultava allora in proprietà del conte di Ashburnham.



Da notare la differenza tra le misure attribuite alla Visione Orleans nei passaggi nelle varie collezioni, partendo dall'inventario del Palazzo Reale nel 1728: cm 40,58 x 29,8, passando per la corrispondenza con l'estasi di San Paolo del Poussin: cm.45,72 x 33.20, fino al 1953 Sotheby's cm 40,64 x 27,94 ecc. Ciò conferma l'ipotesi dell'esistenza  di ulteriori copie della Visione Orleans.




COLLEZIONE NORTHWICK




Ma in Inghilterra erano giunte altre copie o presunti originali della Visione. L'utilizzo di stratagemmi poco leciti per esportare opere d'arte dall'Italia sembra fosse stato molto in voga all'epoca


"At the time when the French army were on their triumphant march through Italy, many Italians, who dreaded being plundered , were anxious to dispose of the valuables they possessed ; so that the finest productions of art were everywhere offered for sums far below their value. To such an extent did this proceed, that the Pope at last issued his edict to forbid the exportation of all works of art, except with the permission of a committee learned in these matters, who had positive directions to let no works depart which might be considered a loss to the collections of the city . Lord Northwick was then at Rome, when ,not a little to his surprise, an offer was made to him of the St . Gregory of Annibal Caracci ; but it was added , that the transaction must be a secret, as the sending away of the picture would be prevented ."
"Lord Northwick brought from Italy a fine picture of St. Gregory, by Annibale Carraci. To secure its safe delivery, he hired a mere dauber to paint over it, in body color, an imitation of some inferior artist. On exposing the canvas, his friends saw nothing but a rude and repulsive daub; but he took a sponge, and, as washed the colors from the surface, the masterpiece was gradually revealed to enraptured eyes."



Questo stratagemma può essere stato utilizzato anche per esportare una Visione di Ezechiele considerata autentica.




"Catalogue of the late Lord Northwick's extensive and magnificent collection of ancient and modern pictures, cabinet of miniatures and enamels, and other choice works of art, and the furniture, plate, wines and effects, at Thirlestane House, Cheltenham, which will be sold by auction by Mr. Phillips, at the mansion on Tuesday the 26th of July, 1859, and twenty-one subsequent days ...Published 1859 by J. Davy in London - Raffaelle school the Vision of Ezekiel originally in the Royal collection at Madrid and presented by Charles the fourth to the duke of Lucca of whom it was purchased by lord Northwick".


From the Collection of Lord Northwick, 1859 -
From the Novar Collection, 1878 “The Vision of Ezekiel,” on panel, 16 in. by l1 ( cm. 40,64 x 27,94)in. good school copy — £33 14$.  From the Collection of James Price, Esq., 1895
Dalle collezione di James Price passò in quella Knowles nel 1908.
Catalogue of the Collection of ancient and Modern pictures and Drawings of sir James Knowles K.C.V.O. deceased. Late of queen Anne's Lodge, s. James Parkwhich ( by order of the executors) will be sold at auction by Messr.Christie Manson and Woods at their great rooms 8 King Street, St. James Square in wednesday, may 1908 and the following days -  Raffaelle. 439 The Vision of Ezekiel On panel — 16 in. by 11 in. Originally in the Royal Collection at Madrid, and presented by Charles the Fourth to the Duke of Lucca, from whom it was purchased by Lord Northwick From the Collection of Lord Northwick, 1859 From the Novar Collection, 1878 From the Collection of James Price, Esq., 1895."



 Questo dipinto proveniente dalla Spagna, finito nella collezione del Granduca di Toscana e poi nella collezione Northwick divenne di proprietà di James Price di Baltimora e fu messo all'asta dopo la sua morte il 15 giungo 1895. 14.1/2 x 12 inches ( cm 36,83 x 30,48)


La tavola fu battuta ancora il 5 nov. 1965 presso Christie’s a Londra.
Catalogue of Pictures by Old Masters,  lot 146 (14¼ in. by 12 in.), ove essa figura come già proprietà di Lady Spencer-Churchill, Northwick Park.
Una seconda copia faceva parte sempre della collezione Northwick e fu venduta nelle due medesime aste citate (1859, lot 1730,16½ g. 11, e 1965,  lot 147, 17 in. by 13 in. cm 43,18 x 33,02).



Una delle due copie vendute da Christie nel 1965 cm 43,18 x 33,02


Quindi se erano due le Visioni di proprietà di lord Northwick, restano degli interrogativi: provenivano entrambe dalla Spagna? Quale era quella ceduta dal duca di Lucca?



COPIE IN SPAGNA




La presenza  in Spagna di più di una copia della Visione emerge da alcuni documenti.


"La famosa visione d'Ezechiele, di cui si dicono esser due originali di Raffaello, uno nella I.R. Galleria Pitti a Firenze; l'altro in uno de' RR. Palazi di Spagna . ..."
"Originally in the Royal Collection at Madrid, and presented by Charles the fourth to the Duke of Lucca  of whom it was purchased by Lord Northwick"
 Nell' -Inventario de bienes de la VI condesa de Lemos, A.H.P.M -:
-“San Juan en el desierto grande viene de Rafael de Urbino, con moldura negra y dorada ordinaria”.-“Otra del descendimiento de la Cruz mediana antigua con moldura ordinaria que viene de Rafael de Urbino. “Otra pintura pequeña de Xpo con las quatro insignias de los Evangelistas y otras figuras con moldura ordinaria dorada y negra viene de Raphael”
Teniamo a mente questa descrizione della cornice -dorada y negra - simile a quella inventariata agli Uffizi nel 1589.
"En 1618 la condesa de Lemos legó un cuadro de Rafael de "Cristo con las insignias de los cuatro Evangelistas" al colegio de Jesuitas de Monforte de Lemos. En 1629 se dió al obispo de Segovia, D. M. Moscoso, tasándose entonces en 350 ducados".
"Según el documento del Archivo de Alba, cinco pinturas fueron donadas al obispo de Segovia: “Claudio Camoso a cuyo cargo está la Hazienda Mueble que quedó de nuestra señora madre y tía la condesa de Lemos, doña Catalina de Zúñiga que aya gloria entregad a Matías de Llanes criado del Señor don Melchor de Moscoso obispo de Segovia nuestro primo las pinturas siguientes: una de la muger adúltera..., una de la caveça del Bautista..., otra de Crispo nuestro Señor con las ynsignias de los evangelistas... original de Rafael de Urbino..., otra de la huyda a Egipto..., otra grande de quando xpo nuestro señor se apareció después de su resurrección en el huerto... En Madrid, a 16 de agosto de 1628"
Nel 1622 dal testamento di C   de Zuniga risulta il lascito nel convento di santa Chiara " una pintura pequenia de Xpo con las quatros insignias de los evangelistas, moldura dorada y negra."
Il dipinto lasciato in eredità dalla contessa di Lemos al convento di Santa Chiara nel 1622, non può essere lo stesso donato al collegio dei Gesuiti nel 1618 e finito nella collezione del vescovo di Segovia. Si potrebbe ipotizzare quindi la presenza di almeno due copie della Visione in Spagna. Non sappiamo se la copia ceduta da Carlo IV di Spagna al duca di Lucca sia la stessa proveniente dalla collezione della contessa di Lemos.
A quanto pare la Visione conservata in Spagna viene definita sempre come un originale di Raffaello.



COLLEZIONE PEMBROKE




Dal catalogo dei dipinti presenti a Wilton House - 1908 -  "Vision of Ezekiel. School of Giulio Romano. 31 in. H. 22 in. W. Panel. circa 1530. (cm.78 X 55,88). This picture was one of the eight presented by Cosmo III, Grand Duke of Florence, to Philip, fifth Earl of Pembroke. In composition it is somewhat similar to the Raphael of the same subject in the Pitti Gallery. Below the figure of Christ are the symbolic attributes of the Evangelists — the Angelof St. Matthew, the Lion of St. Mark, the Ox of St. Luke, and the Eagle of St. John."


Le misure sono decisamente più grandi e l'attribuzione alla scuola di Giulio Romano lascia perplessi. Nell'inventario del 1919  il dipinto non figurava più nella collezione Pembroke.
L'aspetto più interessante è che questa tavola fu un dono del Granduca di Toscana Cosimo III, al conte di Pembroke nel 1669, e nella descrizione presenta le stesse caratteristiche di quella inventariata nella Tribuna degli Uffizi, nella quale non erano presenti nè gli angeli , il paesaggio ed Ezechiele.
Cercando di ricostruire a ritroso la storia di questa Visione, ci imbattiamo in questa descrizione: - A Description of the Earl of Pembroke's Pictures By conte Carlo Gambarini 1731 - : Pembroke Collection : "1 Baldafare Peruzzi Sanefe, our Saviour afcending with the four Emblems of the Evangelift, at the Bottom in the Cloudy and with two Angels higher, fome have taken it for R. Urbin and Monf. Croifade has fo graved one almoft the fame.....the following eight were a present to Philip ( the father of earl Thomas) from the duke of Florence who, when prince of Tuscany had been with him at Wilton three or four weeks."
Qui addirittura la tavola viene attribuita al Peruzzi e la descrizione è più dettagliata.
James Kennedy :  -A new description of the pictures and bustos, statues, bassorilievos and other curiosities in the earl Pembroke House at Wilton. In the Antiques of this Collection are contained the Whole of Cardinal Richelieu's, and Cardinal Mazarine's, and the greatest Part of the Earl of Arundel's; besides several particular Pieces, purchased at different Times. London. 1774. - : "Our Saviour afcending; with the four Emblems of the Evangelifts at the Bottom of the Clouds -, two Angels are fupporting his Arms.  By Giulio Romano. Over the Chimney-Piece."
Qui la tavola viene attribuita a Giulio Romano, quindi una delle ipotesi che nella collezione medicea vi fossero due versioni della Visione non appare tanto assurda.
 Nel 1669 Cosimo III, in occasione di un soggiorno presso il duca di Pembroke in compagnia di Paolo Falconieri, potrebbe averlo  omaggiato del dipinto originale. Si può quindi  ipotizzare che  la tavola, che era uscita dalla Tribuna degli Uffizi nel 1665, nel 1697, quando entrò a Pitti, forse non era che una copia.



LA MOLTIPLICAZIONE DELLE VISIONI NEL  XIX SECOLO




Ma in Inghilterra pervennero nel 1826 tramite oscuri traffici molte copie o presunti originali della Visione e non solo, come risulta da questo epistolario appartenuto a lord William Henry Fox Talbot, illustre scienziato, linguista, archeologo e pioniere della fotografia, nonchè collezionista.




Document number: 1450 Date: 29 Jun 1826 Recipient: TALBOT William Henry Fox


Author: STRANGWAYS William Thomas Horner Fox Collection: British Library, London, Manuscripts - Fox Talbot Collection
"29 June Dear Henry I hope you got the last letter I sent to Basle I have been to Mr Wallis  who was not here when you were & I recommend you to have the Correggio done by him his colouring is so very Correggiesque & he has made that Master his particular study & once made a copy of the very picture in the tribune for Mrs Otway Cave whose daughter H. Murray  is going to marry so you might perhaps get a sight of it in London – he asks 40 Louis – perhaps the Italian would do it cheaper, but you shd encourage English artists particularly when they are the best & you pay only half the duty on importation – I think I shall get 2 heads of S. Joseph & the dates done by him He has also an Ezekiel which he will not sell – but would copy it for 30 Louis as he did for Sir W. Chatterton I have not yet decided which is best – his or Colzi’s for 25 Ls. Nocchi wants to know if you take the Biliverti in tondo for 50 L.s Colzi has a fine Vandyk for 20 but one does not come to Italy to buy Vandyks – Mr Irvine tells me the portrait of Scamoeri[?] by Domenichinofor 100£s is really very cheap good – & the man has a capital specimen of Mengs Thallasson & I think we shall get around the Marchesa she now says she has some more good pictures in a loft somewhere.
W T H F S"
Qui vengono menzionati almeno quattro esemplari della Visione: uno di proprietà di Mr. Wallis, del quale non si sa la provenienza, altre due copie effettuate dallo stesso Wallis delle quali, una per sir Chatterton, ed un'altra ancora effettuata dal Colzi.
Henry Talbot Esq 31 Sackville Street London Document number: 1472 Date: 29 Aug 1826
Recipient: TALBOT William Henry Fox Author: STRANGWAYS William Thomas Horner Fox  Collection: British Library, London, Manuscripts - Fox Talbot Collection
"Dear Henry
My telling you your pictures will soon be packed arose from the American figure of anticipation vulgarly called counting chickens before they are hatched – The Marchesa   will not come to terms so there is an end of that till she gets poorer which may be about the time you are going to Sicily. I have been talking to Mr Irvine about the packing he has been so good as to recommend me a packer, & a merchant in London & to superintend it himself – The Ezekiel  I mean to send with the copy of the Medusa you saw which I have got for 6£– with the frame he asked 12£½– I think it not a bad bargain as there is a great deal of work in it & it will be a fit companion to a copy I have with much ado persuaded him to make of his curious Angel by Leon. dV: he thought it would hurt the sale of it but I have convinced him it would promote it. Wallis’s  will not be ready to go with the Ezekiel I shall leave him therefore to send it according to the way he is used to with mine."
Quindi anche lo stesso Strangways William Thomas Horner possedeva una copia della Visione.
Document number: 1476 Date: 12 Sep 1826  Postmark: 12 Sep 1826
Recipient: TALBOT William Henry Fox Author: STRANGWAYS William Thomas Horner Fox  Collection: British Library, London, Manuscripts - Fox Talbot Collection
"Dear Henry
Since I wrote last, Colzi  has shewn me another copy of the Ezechiel  done to imitate the original exactly with an old cracked varnish & a faded look about some of the clouds & mounted in an old frame it is one of the best things I ever saw – he says if you like you may have it instead of the other but I shall take advice & I fear that tho it looks more like an old copy now – it will not be so good ten years hence, at least that is the reason he gives for the fresher colouring of the other – so do all painters & I suppose there is something in it – & these perfect copies are only kept as Mems – Wallis  has done the same. I cannot tell yet when or where I go it will be somewhere in the direction of Illyria or Noricum."
Sembra che il Colzi abbia eseguito più di una copia della Visione
Date: 16 Sep 1826
Recipient: TALBOT William Henry Fox Author: STRANGWAYS William Thomas Horner Fox
"Dear Henry
Your Ezekiel  is off – I had almost bought the other for myself.
I have applied for leave to the G Duke  for Wallis  to move the Corregio [sic] to copy it & expect the permit in a day or two –
I wish you had seen Mr Volkmanns pictures  Yrs
W F S"
Sembra che si fosse scatenata una corsa all'acquisto della Visione,  creando un vero e proprio business , come se il possederne una copia o un presunto originale costituisse  all'epoca uno status symbol. L'aspetto più intrigante è che coloro che ambirono a possedere la tavola nell'arco dei secoli appartenevano all'ambito ebraico.



DIEGO DUARTE ANVERSA




Un altro collezionista molto attivo fu Diego Duarte mercante ebreo di gioielli e dipinti di origine portoghese che si era stabilito ad Anversa.


"Diego had other artistic interests besides music. He was, perhaps following the footsteps of his father, a fervent collector of paintings. His collection is mentioned several times in the report of travelers who passed Antwerp, such as Balthasar de Monconys (1663), Constantijn Huygens jr. (1676–1678) and the Swedish architect Nicodemus Tassin (1687). The visitors invariantly praise the collection's richness in Italian paintings of the sixteenth and seventeenth century (by Raphael, Titian, Tintoretto, etc.) and Flemish paintings of the seventeenth century (especially Rubens and Van Dyck). In 1682, Diego Duarte himself made a catalogue of his collection; the inventory not only gives clear insight in the making of the collection, but also gives the prices for which he bought the paintings and, in a number of cases, even their provenance."
Inventario di Diego Duarte  - "Raphael: Holy Family with Anne (this was judged to be the most valuable painting in the 1682 inventory of Duarte's collection), Sacrifice of Elijah and Vision of Ezekiel "
"Before he died (1691), Diego Duarte appointed as his executor and principal heir, the only surviving competent male member of the family, Manuel Levy Duarte of Amsterdam.
Early in 1693 Manuel Levy listed the best of the unsold paintings remaining in Diego Duarte's house, together with their recommended retail prices.
It is clear from the two inventories and the records of sales that the seventeenth century art market was a sophisticated one and that success went to the skilful and learned dealer who built up a reputation for reliability and expertise."



Ma facciamo un salto indietro, come già segnalato in precedenza, Balthasar de Monconys nel suo giornale di viaggi pubblicato dal figlio dopo la sua morte nel 1665, descrive la sua visita a Firenze nel 1646 dove potè vedere la Visione di Ezechiele (Journal des Voyages de Monsieur  de Monconys, &c., première partie, H. Boissat & G. Remeus, Lyon 1665: "Primier Voyage de Italie | Novembre 1646 | Denombrement des Raretés du Grand Duc. | […] Le petit tableu d’un Dieu le Père assis en l’aire sur le 4. animaux des Evagelistes, avec force petits Anges de Raphaël."


Ma lo stesso Moncony, nel 1663  si trovava ad Anversa e narra sempre nel suo giornale di viaggi di aver visto nella casa del signor Duarte un dipinto  della Visione di Ezechiele di Raffaello che avrebbe potuto essere l'originale se non ne avesse già visti molti altri simili. Si riferisce sicuramente a quello visto a Firenze agli Uffizi nel 1646 e forse a quello esistente nella collezione dello Chantelou; difficile stabilire a quali altre copie facesse riferimento
Ciò potrebbe confermare che già all'epoca imperversavano le copie della Visione. C'è da tener presente che Diego Duarte, come accennato in precedenza, era un vero esperto di opere d'arte e forse non si sarebbe accontentato di possedere una copia.
"Sitôt que j'eus été voir M. Vanffarenbec, nôtre Marchand, Dom Gilles mena M. le Duc chez un Portugais nommé Douart, qui a un beau Jardin, & les orangers les mieux formez qu'on puiffe voir, & quantité de beaux tableaux, entr'autres une naiffance de la Vierge, d'Albert; deux Breugles admirables; une infinité de beaux Van Dyks; un du Quintin ; & un portrait de Maubeufe; des Titians ; des Tintorets; d'Andrédel Sarto; des Baffans, & une Divinité fur les quatre Evangeliftes, que je croyois être la vraye de Raphaël si je n'en avois veu plusieurs de mesme.  "



Di questo dipinto si perdono le tracce, ma essendo considerato un oggetto devozionale per la comunità ebraica sefardita di Anversa, forse fu acquisito dalla stessa.




COPIA BIELA




In base a quanto riportato Nell’Inventario | dei Quadri nella | Galleria Hercolani redatto nel 1836 al nr. 1974 figura "Il Padre Eterno coi Simboli degl’Evangelisti. In tavola, copia di Raffaelle | venduto li 25 giugno"


 Nel Catalogo dei quadri del maggiore Biela a Venezia, Parrocchia di S. Trovaso, Venezia 1849, è detto: "1. Raffaello, piccolo, in tavola. Cristo ad uso di Giove in Cielo, e d’attorno i quattro Evangelisti come descrive Ezecchiel." Il quadro presente faceva parte da secoli della Galleria Hercolani a Bologna, da dove fu venduto nel 1836.
Si legge poi nel necrologio di G. Biela, ricordato qui come celebre astronomo: "E siccome in prima la sorte, unita al sapere, gli facevano scoprire nel suo astro una nuova gemma nel cielo, così egualmente avventurososi fu di scoprire e possedere su questa terra un’altra non meno pregevole gemma, intendo dire d’un dipinto del sommo Urbinate che rappresenta la visione di Ezechiello. Questo quadro, a detta degli intelligenti, viene anteposto a quello che esiste nella Galleria Pitti"



Jacob Burckhardt nel -Cicerone -, anteponendola addirittura alla versione di Firenze.


"..la visione di ezechiele fiorentina è spesso messa in dubbio, e persone competenti gli preferiscono il quadro esistente nel 1852 presso il capitano Piela (sic) a Venezia."
Ma se facciamo riferimento sempre a quanto riferito dal Burckhardt, nel 1861 ci fu un tentativo di acquisto da parte di John Matthias del dipinto che si trovava ancora in casa Biela. - Commeter, Johann Matthias To: Burckhardt, Jacob, Rome 1861 - "Die Wwe v Biela habe ich diesmal nicht besucht, da ich ihren heiligen Ezechiel von Raphael aus dem Hause Hercolano in Bologna nicht kaufen kann. Die Besitzerin ist noch nicht so glücklich gewesen, wie die der heiligen Cäcilia. Leider steht im Malvasia: daselbst befinde sich una bella copia, che dicesi dal Sabbatini der Vision Ezechiels."
Il Cavalcaselle così descrive la copia Biela: "Eine Copie in der Grösse des Originals, welche einst im Besitz der Baronin Biella zu Wien war und durch Uebermalung und Alter sehr erändert ist, wird von einigen für eine Wiederholung des Meisters angesehen, wir können sie aber nicht für echt halten."
 Il Passavant ci fornisce una versione dello stesso dipinto  decisamente contrastante con quella del
 Cavalcaselle, J.A. Crowe, Raffaello: -la sua vita e le sue opere, III, Succ. Le Monnier, Firenze 1891 -: "Una copia, che tempo addietro appartenne alla baronessa Biella di Venezia, molto alterata nel ridipintimento, per non dire completamente coperta, fu considerata da alcuni critici come una replica originale"
1843 "E un quadro bellissimo che possedè il sig. barone Biela rappresenta la Visione d’ Ezechiello : opera divina del Sanzio, parlante quella poesia che animata dallo spirito di Dio si rivelava per arcana sapienza al profeta. Alcuni indizi inducono a crederla originale, ma di possedere la originale pretendono e Firenze e Parigi. Converrebbe raffrontarle ad ogni modo la tavola è antica, e il Vasari la colloca in casa Ercolani, d’ onde il sig. barone la ebbe ."
"Biala mußte bald nach der Entdeckung Böhmen wieder verlassenund kam nach Venedig. Dort widmete er sich, nachdem er als Major den Abschied genommen hatte, der Kunstgeschichte und hatte das Glück, einen Raffael zu entdecken und in seinen Besitz zu bringen."
 La Visione di proprietà di Caroline von di Biela fu esposta a Parigi il 21 luglio 1870.



L'apprezzamento o la denigrazione di certe opere spesso celava degli  interessi puramente economici. Putroppo anche di questa tavola si sono perse le tracce.




COPIE A ROMA




Da un documento del 1716 pubblicato a Vienna sembra emergere l'esistenza di un altro dipinto che potrebbe essere una Visione di proprietà di papa Clemente XI, papa Albani, che richiede ulteriori approfondimenti.




-Appreffo  G I O. V A N G HELEN.-


Avvisi italiani, ordinarii e straordinarii, Volume 33 1716-
"Conoscendo il Sacro Colleggio li pericoli, ne' quali stà involta non meno la S. Chiefa, che la Christianità tutta, fi fente havere deliberato ciascun Porporato fecondo le proprie Rendite di dar un ajuto di cofta al Papa , havendo à tal effetto anco il Padre Generale della Minerva dato principio con fpedir alla S. Sua una Polizza di 1oo Scudi. - |Sentesi haver il Cardinale Patrizii, per rimostranza di gratitudine , regalato il Papa delli 4 Evangelifti del Pennello del fù Raffaele d'Urbino di molto valore, così d'un altro Quadro di S. Chiara del Cav. Maratta all' Emin. Albani , & alli Sig. D. Carlo, & Aleffandro Fratelli, al primo alcune Guanterie e Profumarie d'Argento, & all'altro un'urna antica assai stimabile Papa Clemente XI"



COLLEZIONE  FALCONIERI




-Inventari  delle  Robbe  della  famiglia  Falconieri, parte I, 1590-1729, 1696 p.mo feb.ro Inventario di tutti li beni trovati nel Palazzo in via Giulia  dove  abitava.-


Tra i dipinti acquistati da Paolo Falconieri figurava: "s. 15 Quadro di due palmi, et uno, e mezzo in circa di un Dio Padre con il simbulo di Quattro Evangelisti, cornici di pino con filetto intagliato dorato viene dalla maniera di Rafaello."  Secondo il palmo romano 22,5  risulta cm 45 x 33,7 secondo il palmo fiorentino cm 29,15  58,30 x 43.72.cm.
Cm. 45 x 33,7 più o meno sono le stesse misure della copia presente a Pitti descritta nell'800 dal Passavant, da Ester Singleton ecc., ma sono simili anche a quelle della copia Orleans in riferimento alla sua possibile corrispondenza con l'estasi di san Paolo del Poussin.



1750 - Roma antica e moderna: o sia nuova descrizione di tutti gl'edifici ...,  - Volume 1: "Palazzo Falconieri il Padre Eterno co quattro evangelisti de Raffaello Urbini."




Ridolfino Venuti  - 1767 - Palazzo Falconieri  -"il Padre Eterno co' quattro Evangelici fono di Raffaello d' Urbino"




J. de la Roche 1783 -Palais Falconieri-  "La Vision d'Ezéchiel (Dieu porté par les quatre Animaux de l'Apocalypse, &c.) très-belle esquisse , de Michel-Ange." Curiosa l'attribuzione a Michelangelo.


-Tableau de Rome vers la fin de 1814 By J.B. Guinan Laoureins, Jean Baptiste Reinolds- "le pere eternel e quatre aveugles palais Falconieri Raphael"-
Giampietro Zanotti cita la sua presenza a palazzo Falconieri  nel 1841
Questa copie potrebbe essere finita nella collezione del Cardinal Fesch.



COPIA ANTALDI




Pungileoni - 1829 - : "palazzo Pitti a Firenze, sono in dubbio se questo o quello sia l'originale. Nè so esservi argomento che basti a torre di mezzo ogni dubbiezza, se non vogliamo supporre che l' uno sia replica dell' altro. Nell' I. R. Galleria di Vienna n' esiste una copia, un'altra nella famosa Pinacoteca di Dresda, ed una, ommettendone più altre, dà lustro alla raccolta di quadri del Marchese Antaldo Antaldi, bella di guisa che giudici non inesperti per non so quale illusione le diedero il vanto d' originalità. N'è il prototipo il Salvator divino assiso su i quattro simbolici"


Non si sa quando esattamente l'Antaldi l'abbia acquisita dagli Ercolani, sicuramente prima del 1829.
Waagen :"Der Marchese Antaldo Antaldi in Pesaro erwarb aus dem Hause des Marchese Filippo Ercolani-eine Copie, welche mit den Siegeln der Akademie in Bologna versehen ist, da diese sie für Original erklärte, was aber der Graf nicht glaubte."



Nagler la cita nel 1845 a Pesaro-Pallast Antaldi: Ezechiel -


Giampietro Zanotti 1841  - "La famosa visione d’ Ezechiele........Nella quadreria Hercolani evvi una bella copia che dicesi del Sabbatini, altra ne vidi presso il Marchese Autaldo Antaldi a Pesaro."
Nel libro del 1846 - Wegweiser durch sämmtliche malerschulen und gemäldesammlungen  -By Wilhelm (duke of Württemberg) viene nominata una copia della tavola in Palast Antaldi a Pesaro .
Di questa copia, che avrebbe tutte le caratteristiche per essere uno degli originali, se n'è perduta traccia,



ALTRE COPIE




Luigi Pungileoni  nella vita di Antonio Allegri riferisce che nella Collezione Crozat: "Sotto un quadro di Rubens. Piccolo quadro rappresentante la Visione di Ezechiello." Si riferisce probabilmente ad un piccolo dipinto del Correggio che riprende la Visione.  Questa tavola coeva è ai limiti del grottesco; il Padreterno appare con le braccia spalancate in modo esagerato e innaturale aggrovigliato ai corpi degli evangelisti e circondato da dieci serafini. Nessuna traccia di Ezechiele o di un paesaggio. Se il Correggio si fosse ispirato alla tavola di Raffaello, avremmo un'ulteriore conferma che il dipinto originale non riportasse tutti gli elementi contenuti in seguito.
Un'altra copia viene menzionata nel  "Catalogue de tableaux précieux, et autres objets de curiosité, formant le Cabinet de M.L. [i.e. Lapeyriere] ... dans la galerie Lebrun ... Par le Ministère de M. Lacoste ... Sous la direction de M. Henry .." 1825 Palais Royale -  RAPHAËL (Ecole de). 43. La Vision d'Ezechiel. Bois, hauteur 16 p. largeur 12 p.  
RAPHAËL (Ecole de). "Le seigneur , sur un nuage, est supporté par un ange , un aigle , un bœuf et un lion , figures symboliques des quatre évangélistes ; deux séraphins soutiennent les bras du Seigneur; un rayon de lumières'échappe du nuage vers la terre , où Ton aperçoit quelques personnages censés témoins de la vision. Cette copie est assez exacte et assez belle pour être regardée comme un ouvrage du temps et de l'école de même Raphaël." 

"Katalog der Gemälde-sammlung der Kgl. Älteren Pinakothek in München"167. (690.) Die Vision des Ezechiel. Christus auf  Wolken, von den vier Evangelisten emporgetragen. Holz. — 0.91 m h., 0.68 m br. — Kurfürstl. Gal. zu München. — Lith. v. F. Piloty. — Freie Gopie nach Raphael."
- Guia del Archivio de la antigua Academia de San Carlos 1781-1910 Mexico: " 348 La vision de Ezequiel copia de Rafael lienzo con marco 43 x 30."
Di una copia della Visione si parla nel 1832 in questa corrispondenza, probabilmente si tratta della stessa finita nell'antica Accademia di San Carlos: Ramo, Justicia, Eclesiástico Tomo 94, f. 103. "Lista de los cuadros de pintura que se han recibido en esta Academia, mandados  por el señor don Francisco Pablo Vázquez remitidos de Roma. A Saber: ".......Dos retratos con marcos dorados, uno representa al Padre Eterno sostenido por los jeroglíficos de los cuatro Evangelistas, puesto todo sobre una nube, y el otro de una Virgen de Belén, tienen de alto uno media vara y el otro menos y de ancho los dos una tercia. ..... México 17 de julio de 1832. Tagle. Es copia. México 18 de julio de 1832. Ortiz Monasterio (Rúbrica)."



Molte altre copie sono state effettuate nell'arco dei secoli ed ogni tanto spuntano in qualche asta. Sarebbe utile fare un raffronto tra loro per meglio inquadrarne gli aspetti che possono indurre a considerarle d'epoca.


Alcuni allievi di Raffaello si erano cimentati nella rappresentazione del Padreterno o della figura di Giove prendendo spunto dalla Visione



                                                                 Perin dela Vaga





                                                                    Giulio Romano




                          Giulio Romano



                            Marten van Heemskerck 1565

                                                                                                 




Questa Visione esposta al Louvre della cui provenienza si sa ben poco, porta in alto sulla cornice il n. 1513, definito come numero di inventario, cosa alquanto improbabile perchè solitamente il numero veniva scritto altrove come si può vedere nell'immagine sottostante.






                              Retro copia esposta al Louvre



Da notare il numero di inventario 641 sul retro della tavola, la scritta PX che appare sul lato opposto al numero di inventario potrebbe corrispondere  all'acronimo  -pinxit- che in certi casi accompagnava il nome dell'autore, ma sicuramente fu apposto in un secondo tempo come a sancirne l'attribuzione. In alto sulla cornice appare un altro numero di inventario possibilmente 1745. Nell'angolo sinistro in basso, mi sembra di intravedere l'immagine di un fleur-de-lys.


Interessanti gli inserti in metallo sulla cornice ed i fori che potrebbero suggerire l'esistenza di in sistema di ancoraggio del dipinto per impedirne l'asportazione. Nell'inventario non risulta alcuna attribuzione.
Non sapendo  che legno sia stato utilizzato e in mancanza di indagini diagnostiche, mi riservo di fare ulteriori accertamenti.





Copia al Louvre su rame attribuita a Giulio Romano



Al Louvre è inventariata un'altra copia su rame che porta il  n. 641 della prima metà del XVI secolo che si dice tratta da quella di Pitti e attribuita a Giulio Romano. L'esecuzione su rame fa pensare ad un dipinto devozionale, se non ci fosse quella strana fessura in basso che mi fa sospettare una provenienza conventuale. Si fa risalire il dipinto alla collezione di Vincenzo Hercolani. A quanto pare le copie presenti nella collezione Ercolani sembrano non finire mai! Misura cm 42,5 x 30, 7, la composizione è più sviluppata nella parte bassa, si vede bene il tronco dell'albero, Mi sono chiesta come sia possibile che, sia la copia su tavola, che quella su rame portino lo stesso numero di inventario, attribuito sicuramente in tempi diversi. Forse vi fu uno scambio fra le due e l'attribuzione a Giulio Romano e la provenienza dalla collezione di Vincenzo Ercolani potrebbe riferirsi piuttosto alla tavola? Potrebbe essere quest'ultima quella effettivamente acquistata dal Chantelou nel 1643 o addirittura una delle originali?








                Museo Ingres Montauban



 Acquisita nella collezione nel 1884 fu  trasferita da tavola su tela nel 1814, misura 40 x 29 cm, sul retro si trova la scritta: " copia del famoso quadro di Rafaello esistente in Firenze nella tribuna della grandezza e copiata da Giulio Romano, trasportato dal legno nel 1814."


Le misure sono leggermente diverse dalla tavola di Pitti, forse a causa del trasporto su tela.
Ho qualche dubbio sull'attribuzione a Giulio Romano perchè non ne ricalca lo stile, è curioso che si ricorra sempre a lui quando ci si trova difronte ad una copia di Raffaello.





              museo Thorwaldsen cm.40,5 x 29,4



Copia di Giuseppe Cades su tela fine 1700 cm 42 x 33





     copia andata all' asta  da Christie's nel 1965





                          copia presente a Lille





                 copia su rame cm 44 x 32



  "Le comte d’Hoym possédait des copies sur cuivre de ces deux derniers tableaux, qui étaient sans doute eux-mêmes des copies ou des répliques" Si riferisce alla copia della Visione posseduta del de Launay.





                              copia a Nancy


Copia su tela presente a Nancy cm 41 x 30 donato nel 1882 da Victor Poirel



                Copia andata all'asta cm. 45 x 32,5 su tavola








                                             retro dipinto




Dipinto proposto all' asta da Leclere Maison de Ventes. descrizione :" école francaise XVII siecle panneau 17 e 3/4 x 12 e 3/4 reprise du tableau conservè à la Galerie Palatine de Palazzo Pitti a Florence- Le Museé du Louvre conserve una copie ancienne dont notre tableau s'est probablement inspirée." La prima cosa che ho notato è la forma dei piedi dell'angelo che mostra il secondo dito molto pronunciato rispetto all'alluce, è a mio avviso una caratteristica peculiare di Raffaello, che non risulta nelle altre copie. L'albero è più spostato verso sinistra, l'ala del bue è più inclinata verso l'alto. Il paesaggio è più sviluppato nella parte bassa  e sul lato destro,  l'ala destra dell'angelo è più lunga anche se di poco rispetto alle copie. Ciò lascia intuire che un eventuale originale avesse dimensioni più ampie. Sembra che il dipinto abbia perso colore a causa di una pulitura aggressiva che lascia intravedere anche una specie di ripensamento nella zampa del bue. L'aspetto del dipinto è disomogeneo e bruttino; probabilmente ha subito dei ritocchi maldestri. Sembra una replica della copia su rame inventariata al Louvre e attribuita a Giulio Romano. Ma la cosa che mi ha sorpreso particolarmente è la cornice che appare decisamente cinquecentesca, anche se risulta evidente che la tavola vi sia stata adattata. Che senso avrebbe avuto incorniciare con un tal cornice una crosta o una copia tarda di Raffaello. Mi è venuta in mente la descrizione presente nell'inventario del 1589 nel quale si descrive la tavola -con cornice di legname tinto nero tocco d’oro macinato-, come pure la cornice descritta nell'inventaria della contessa de Lemos: - dorada y negra - che sembra calzare con la cornice del dipinto analizzato. Se prendiamo in considerazione il retro però ci troviamo difronte ad una tavoletta intera piuttosto spessa forse di rovere, che difficilmente potrebbe essere dell'epoca, anche se presenta sei bolli di ceralacca che fanno presumere il passaggio in varie collezioni.



                                        Copia Baltimora





                               Copia Boston



                                                               
                              copia Boston


                                              copia Luigi Bardi





                           copia Monchablon



                                    Fondazione Zeri anonimo


                         incisione Einchen

Incisione di Pigeot 1786



                    incisione Poilly  44,1 x 31,2 cm



Secondo Pietro Zani: "...una delle prime incisioni di Francesco Poilly fatta sopra il Disegno di Mr. Errard Pittore, e Direttore dell' Accademia in Roma, allorché fu comprato il Quadro da M. de Chantelou. MB. R. Fig. sola, 3 Ang.,3 Animali, e 50 teste di Cherubini appena marcate: a. 16, a. 1. 11 ."


Altre descrizioni contrastano con la precedente e attestano l'esecuzione dell'incisione precedentemente al trasferimento del Poilly a Roma, quando si trovava ancora a Parigi. Se ne deduce che riprenda quindi la copia Orleans. -By Robert Hecquet 1752 DE F. DE POILLY GRAVEUR ORDINAIRE DU ROI PREMIÈRE PARTI 1 — La Vision d'Ézéchie1. Titre : Hxc visio similitudinis glorix Domini. Ezechiel. cap. 2. Le Tableau est au Palais Roya1. Il est peint par Raphaël d'Urbin, C. Errard Delin Poilly. Cum Priv. Reg. F. Poilly a gravé cette Planche lorsqu'il a changé sa première manière de graver, avant d'aller à Rome.-
- Catalogue raisonne de la rare et precieuse Collection d'estampes edited by Pierre Defer 1843 -901 — La vision d'Ezéchiel, d'après le tableau de Raphaël, qui était dans la galerie d'Orléans. Titre : Hœc visio.... Ezechiel, cap. 2, R. d'Urbein in. C. Errard delin., Poilly sculp. P. en H. (Io partie, n° 1, du catalogue).-
- Société de l'histoire de l'art français (France). Archives de l'art français (1851). 1851-1866. - Dieu, dans sa gloire, porté sur les quatre animaux mystérieux apparus au prophète Ezechiel; dessiné par Ch.Errard sur le tableau original de Raphaël, et gravé au burin par Fr.Poilly. —Sur un dessin de M. Errard extrêmement lourd.—Ce tableau, qui fut envoyé à M. de Chanteloup par M. Poussin, est présentement chez M. le Régent. Il y en a un semblable chez le grand-duc.-
Poillly si trasferì a Roma nel 1649, si potrebbe anche ipotizzare la presenza di un'ulteriore tavola già di proprietà Orleans.
Interessante notare che non vi sono figurine in basso nel paesaggio, probabilmente anche nel dipinto originale non erano presenti e sono state aggiunte nelle copie seguenti.
La parte di paesaggio in basso è più sviluppata, l'albero si vede interamente.
     incisione effettuata dal dipinto nel Palazzo Granducale     Firenze
                          Paolo Caronni  1835 cm 66,3 x 50,3




Giuseppe Longhi - incisione -




Nel 1808 Giuseppe Longhi incise la Visione per il Museo Napoleone, eseguita delle stesse dimensione della Visione esposta a Pitti.  All'epoca la Visione avrebbe dovuto corrispondere a  quella razziata da Napoleone nel 1799, poi restituita nel 1815 ed esposta a Pitti. Le sue misure risultano cm 39,69 x 29,85, in alcuni casi  cm 39 x 29,7 in altri sono inventariate cm. 39,5 x 30. Se la osserviamo attentamente, possiamo notare che non ricalca esattamente la visione attualmente esposta a Pitti. Il paesaggio è decisamente diverso, l'albero in particolare è più sfrondato e le nuvole non sono rese fedelmente. L'ala dell'aquila è più sollevata. Sul lato sinistro in alto tra le nuvole spunta una testolina di cherubino che ritroviamo solo nella copia esposta al Museo Thorwaldsen. Queste caratteristiche, che la fanno assomigliare più alle copie prodotte in Francia, potrebbero confermare la mia ipotesi, cioè che il dipinto finto in Francia non fu lo stesso restituito in seguito a Pitti.






                Disegno Francois Bellay Louvre



VISIONE DI EZECHIELE PERIZIATA DAL PROFESSOR DE FEO



Visione Ezechiele periziata dal professor de Feo  e  Visione Pitti


Le misure sono cm 40 x 29, 7, mentre quella a Pitti è cm 40,7 x 29, 5. Le due Visioni appaiono  decisamente simili, fatta eccezione dei colori e di alcuni piccoli particolari.
Per poter effettuare un'indagine più approfondita servirebbero ulteriori dati che purtroppo non sono pervenuti. La pennellata  risulta più fluida, meno pastosa   di quella a Pitti. Le nuvole  hanno delle tonalità decisamente più cariche di azzurro e sono più sfumate. Nella tavola a Pitti i chiaroscuri creano una tensione più dinamica e drammatica, frutto di una maturità stilistica più tarda.


I volti dei cherubini che circondano la figura del Cristo sono decisamente diversi da quelli di Pitti, di numero inferiore, sono più rarefatti e meno dettagliati, simili a quelli che appaiono nella Madonna di San Sisto. La bocca del primo cherubino è quasi sbafata, l'occhio sinistro e l'orecchio sono posizionati più in basso. Nel secondo cherubino la gota destra è meno pronunciata e l'occhio destro più sfalsato, lo sguardo è rivolto più in basso. Gli ombelichi sono meno marcati, caratteristica più assimilabile alla maniera raffaellesca.  Il fondo giallo brillante della tavola de Feo è più carico, non so se sia stato effettuato con l'ausilio della foglia d'oro, che risulta presente in alcune copie o presunti originali.  Il bue mostra una diversa inclinazione della zampa, che è  più allungata. La posizione del Padreterno è spostata più in alto, il suo ginocchio sinistro è meno prominente, il piede sinistro è più anatomicamente corretto, la luce dietro la sua testa è meno luminosa. il collo di san Matteo ( l'angelo) è meno tozzo, le sue labbra meno turgide. La testa dell'aquila è più stondata, l'orecchio destro del bue è posto più i basso e diversa è l'attaccatura dell'ala. Il paesaggio è più morbido e sfumato, la figurina di Ezechiele e della sacerdotessa sono diverse.


Una pulitura aggressiva sul lato in basso a destra sotto la figura di Ezechiele ha fatto affiorare una tonalità del verde molto simile a quella presente in alcuni dipinti di Raffaello, ma, al tempo stesso, rivela una superficie pittorica quasi inesistente. Ciò lascerebbe supporre che la parte del paesaggio in basso sia stata aggiunta in un secondo tempo o comunque fosse diversa. Se osserviamo la craquelure che si è formata nel dipinto noteremo che ha una forma diversa nella parte bassa rispetto a quella più in alto.


L'esistenza di un cordolo perimetrale composto da listarelle, era un accorgimento tipico che poteva servire a meglio inquadrare il dipinto per permettere di adattarlo alla battuta  della cornice. Le listarelle potrebbero essere state inserite anche per  rafforzare la tenuta del supporto in un secondo tempo. Questa listellatura laterale poteva anche servire a rifinire un dipinto che precedentemente si era deteriorato o era stato rimpicciolito. Le misure originali quindi potrebbero essere state diverse. Sarebbe opportuno verificare se il listello perimetrale  è composto dello stesso legno della tavola.




La Perla di Modena

La stessa listellatura la troviamo nel dipinto di Raffaello definito la "Perla di Modena", dove può essere servita per rifinire la parte tagliata di una tavola più grande. Un raffronto con l'indagine diagnostica tra queste due tavole fa emergere una similitudine, in particolare nel posizionamento dei chiodi perimetrali. Ciò giocherebbe a favore dell'autenticità del dipinto della Visione de De Feo. Del resto che senso avrebbe avuto listellare una copia?





scritta emersa agli infrarossi nel dipinto periziato dal professor  De Feo

La lettera " S "iscritta nel quadrato, potrebbe essere l'acronimo latino di signatum, spurius,  solutum ;  il primo significa: marcato, firmato, contrassegnato, spurius potrebbe indicare  che non si tratta dell'originale ma piuttosto di una copia,  solutum che potrebbe derivare da " datio in solutum", dato in pagamento. Se Ft corrisponde a St, potrebbe essere l'acronimo di"sunctus"  seguito da "officio", il significato potrebbe essere "functus officio", termine che serviva ad indicare un patto che è stato compiuto e quindi sciolto. "Diligentissimi pictoris officio functus est. "


L'acronimo St potrebbe anche significare Sanctus, potremmo quindi ottenere un ulteriore riferimento, quello al Sant'Uffizio che aveva il compito di censurare e condannare i comportamenti eretici e mettere all'indice anche alcune opere d'arte. Un altro nobile bolognese, Mario Dolfi, due volte, nel 1540 e nel 1583, fu processato per eresia e condannato all'abiura e a penitenze salutari, con la stessa pena nel 1576 fu punito il conte Niccolò Hercolanì ; nel maggio Id. id., voi. C lettera del 1 dicembre 1576. Pietro Rieter scrive al fratello di Filippo Camerario nel maggio 1567: "Praeterea duo fratres ex nobili familia Herculanorum Bononiensium. ob su&picionem religionis, vincti, Romam, magna stipati nebulonum caterva, ducti Bunt: quod vero de bis actum sit noadum satis constai ".


Ft non può significare fecit o factum che viene scritto solitamente con la sola F.

La lettera S Potrebbe essere la sigla del collezionista,  forse il Santinelli che era inparentatio con gli Antaldi e anche con gli Hercolani, come rappresentare la firma dell'autore, Lorenzo Sabbatini?


Ma potrebbe anche essere letto come il numero 5 che all'epoca era molto simile ad una S.
Questo numero potrebbe riferirsi al numero d'inventario di una  collezione o ad un sigillo apposto per convalidarne l'autenticità come nel caso qui descritto:
- Il Sig. Baldassare Mazzanti è pregato a consegnare il noto quadro rappresentante la SS. Annunziata che si crede di Raffaello; è lungo piedi a ed oncie 4 e tre quarti: la presente servirà di ricevuta. Carlo Bianconi Bologna 3.5 luglio 1773. Segue poi l'attestato dell' Accademia Clementina cosi espresso: A' dì 5 agosto 1773 in Bologna- Attesto io qui sottoscritto, che essendosi radunati i Sigg. Accademici Clementini.... per visitare un quadro di mezzana grandezza ad istanza del Sig. Giuseppe Masi di Reggio ad esso spettante , che rappresenta la V. Annunziata dall' Angiolo con un Padre Eterno in aria, figure intere un terzo del vero , ed avendo essi Sigg. Accademici diligentemente e attentamente osservato ed esaminato il detto quadro, hanno in esso riconosciuta tale eleganza e bellezza nelle figure e negli accessorii, tale indicazione di antichità, che non hanno potuto a meno di pensare e credere che quest' opera sia di mano del divino Raffaello: e però con loro giuramento affermano, che la credono originale di mano di detto autore, e per maggiore corroborazione della presente ognuno di essi si sottoscrive , ed appone il suo sigillo, e il sigillo dell' Accademia Clementina. Viene bollato 17 il detto quadro ec. - Poi seguono le soscrizioni , e per ultimo - Io Domenico Pio Accad. Clement. e Segretario dell' Accademia Clementina riconosco per veri i caratteri e sigilli ec.-


Resta da stabilire il significato della parola -Vrbin- che potrebbe essere un'abbreviazione di Vrbini Vrbinas ecc.,come potrebbe  riferirsi alla voce Urbino tradotta in francese, quindi indicare il luogo della sua provenienza.


Mi viene in mente il convento di suore ad Urbino  dal quale il dipinto potrebbe essere stato acquistato dal Chantelou.

E veniamo alle iniziali R.V. che possono aver ingenerato un'erronea interpretazione. Da una prima osservazione non sono uguali alle iniziali con le quali Raffaello firmava alcuni suo disegni, quindi escludo categoricamente che si tratti del monogramma di Raphael Vrbinas. Mentre mi risulta che molti dei disegni ereditati dall'Antaldi, parente di Timoteo Viti, grande amico di Raffaello, rechino la sigla R.V. Ma sopratutto Raffaello non firmava i suoi dipinti in questo modo, nè,tantomeno, in basso a destra. Sappiamo che Antaldo Antaldi era originario di Urbino e, secondo quanto riferito dal Passavant e da altri studiosi,  possedeva una copia della Visione con i sigilli dell'Accademia Clementina di Bologna.

Ma le sorprese non finiscono qua. Da un'attenta analisi della foto della radiografia sembrerebbero emergere sotto lo strato pittorico dei numeri, a volte allineati a volte sparsi, nonchè delle lettere sia in stampatello che in corsivo ed alcune scritte poste in verticale. Questo interessante materiale è attualmente oggetti di approfondimento.
Ciò apre tutta una serie di ipotesi sull'utilizzo che potrebbe essere stato fatto della Visione per il suo contenuto mistico-esoterico. Il collegamento è d'obbligo  con quanto riportato precedentemente "1649 ricordo questo di maggio - si è prestato a monsu Grangione un quadretto in tavola dipintovi un dio padre retto da quattro evangelisti fatti di mano di Giulio Romano . cavato dal trebuna e portato in bottega di monsu giusto ( Gusto Suttermans) pittore con ordine del Ill. Sig. re marchese ( Malaspina) questo di suddetto-


Non si sa chi sia questo monsù Grangione e perchè abbia chiesto in prestito il dipinto facendolo portare nella bottega del Sutterman, allora assente. Ciò che viene in mente è che il dipinto potesse essere divenuto oggetto di indagini in base al fatto che conteneva un messaggio cifrato, o comunque dei numeri e dei dati di rilevanza non indifferente, facilmente reperibili sotto un lieve strato di pittura, poi ricostruita. All'epoca venivano utilizzati in più circostanze dei codici cifrati per comunicare indisturbati.
Sempre in riferimento alla presenza di numeri si potrebbe pensare alla copia Biela, William von Biela fu un famoso astronomo che scoprì la cometa che prese il suo nome.Nella Visione di Ezechile si ritrovano dei frammenti dell'astronomia caldea, nonchè le misure del del Nuovo Tempio.
Putroppo non sarà possibile fare ulteriori accertamenti  perchè la tavola della Visione non è più a disposizione degli studiosi.











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